È andata in scena il 26 marzo al Teatro filarmonico di Verona la prima rappresentazione della produzione di “Werther”, che dopo 44 anni torna al Filarmonico ottenendo un successo strepitoso. L’opera di Massenet è tratta dal celebre romanzo epistolare di Goethe “I dolori del giovane Werther”, di cui rappresenta una piuttosto fedele trasposizione teatrale, a parte qualche piccola modifica di Massenet, come nel finale.
Nell’allestimento proposto a Verona si respira la stessa aria del romanzo, la stessa passione, lo stesso clima apparentemente quotidiano, ma che fa da sfondo a una vera e propria tragedia. La regia di Stefano Vizioli, le scene di Emanuele Sinisi, i bei costumi d’epoca di Anna Maria Heinreich, le luci di Vincenzo Raponi e le proiezioni dell’Immaginarium Creative Studio sono un ottimo sostegno ai sentimenti espressi dalla musica e rendono in modo esemplare l’intima tragedia dei due sventurati amanti: pochi oggetti di scena, qualche gioco dei bambini, una poltrona, una panchina o poco più, fanno si che il protagonista sia l’io, sia l’anima, seppur complessa e tormentata, dello sventurato Werther. Poco funzionale è, a mio parere, l’idea di presentare all’inizio dell’opera, durante il preludio, e alla fine, nell’ultima scena, una Charlotte invecchiata, con l’obiettivo forse di attenersi a ciò che effettivamente accade nel romanzo: non vi è un ultimo colloquio tra i due e Werther muore solo. La scelta del regista, però, si scontra con le parole del libretto: Werther chiede la mano di Charlotte e subito dopo afferma che non gli serve nessun altro aiuto se non il suo (“Dammi solamente la mano/ Vedi! Non ho bisogno di altro aiuto / che il tuo!”), ma lei è ad alcuni metri da lui, non c’è nessuna mano a confortare Werther, nessun contatto fisico. La scena avrebbe sicuramente coinvolto di più se ci fosse stato un minimo di contatto, se Charlotte avesse potuto veramente prendergli la mano e consolarlo (da sottolineare comunque che tale produzione è stata realizzata in epoca Covid e doveva perciò attenersi ad alcune normative che giustificano alcune scelte del regista).