Con questa frizzante espressione vorrei cominciare a parlarvi di un qualcosa che mi sta molto a cuore… Iniziamo dal significato di questa frase; prima di tutto, se ci fossimo trovati al teatro Apollo di Roma, il 17 febbraio del 1859 alla prima di Ballo in Maschera, ci saremmo resi conto anche noi di un particolare anagramma racchiuso nel cognome del grande Maestro; ecco che, improvvisamente, oltre ad elogiare la figura di questo Genio, allo stesso tempo, saremmo stati in grado di esclamare “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia!”.

La PATRIA, grande tema centrale in alcuni dei suoi primi titoli significativi (e non solo i primi per verità).

E’ impossibilie dividere Risorgimento, Romanticismo e melodramma nella storia dell’Italia dell’800; Verdi parla a tutti, al popolo, che per la stra grande maggioranza era analfabeta all’epoca: il suo Teatro funge da moderno Social Network, così lo definisce Paolo Gallarati. Vi è una grandissima propagazione di idee, idee che arrivano a tutti e per questo che Verdi fa da specchio ad un nuovo sentimento che inizierà a crescere sempre di più in questi anni, quello del Patriottismo.

Un’altra grande innovazione la troviamo nella scelta dei soggetti: egli “sposta” il tema (allora centrale nel melodramma) dell’AMORE. Lo mette da parte e pone centrali altre tematiche: il rapporto genitori-figli, la vendetta, la religione dunque la fede, la tirannia, e una rivalutazione sulla figura della DONNA che lotta, non subisce passiva grazie alla ragione che vince la passione e la sua fedeltà ai valori morali.

Da grande amanate dell’Opera quale sono (passione che mi è stata trasmessa dalla mia nonna, non posso dimenticarlo!), sono venuta a conoscenza di una dinamica che, in parte non conoscevo e a cui in parte, sicuramente, non davo il peso giusto: il RISPETTO, la COMPLESSITA’ e l’ATTINENZA alla partitura, L’IMPORTANZA delle parole, del testo. Il teatro Verdiano, per un periodo di tempo molto ampio, ha subito una vera e propria violenza: dovremmo aspettare TOSCANINI ed in particolare il suo Trovatore del 1902 alla Scala per poter iniziare a parlare di una vera e propria “Verdi Renaissance”. Ma cosa era successo? Beh, purtroppo molto che poi si è tramandato anche ai giorni nostri, quel “molto” che ha trovato asilo in questo termine: TRADIZIONE.

Si fa così perché è TRADIZIONE..”. Ho sentito per la prima volta questa frase dal MAESTRO MUTI e mi sono chiesta: “Come è stata possibile una cosa del genere?” Dinamiche inventate, storpiate, esagerate, valori di note raddoppiati, cantanti urlanti, zero importanza al testo, alla PAROLA, parola che “… è come una scultura di Michelangelo, questa è la differenza maggiore tra lui e i compositori suoi contemporanei o di poco precedenti. La chiave per una buona pronuncia sono le consonanti dure, specialmente le parole con la erre arrotata, che devono essere articolate in modo appropriato”. Muti spiega che Verdi stesso ha scritto e composto a completo servizio della parola! Se non si conosce questo aspetto non si potrà MAI lavorare ad una delle sue Partiture come si deve. Ora, pensate che TUTTO ciò all’epoca lo si era cancellato, NON si prestava attenzione a nulla di questo. Gli stessi esecutori, i cantanti in primis, erano come se si sentissero in dovere di “re-inventare” ciò che si trovava scritto in partitura. Lo stesso Verdi scrive: “Che donne e uomini cantino e non gridino: abbino presente che declamare non vuol dire strillare. Se nella mia musica non vi sono molti vocalizzi, non vi è per questo bisogno di mettersi le mani nei capelli e smaniarsi come furibondi”.

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Verdi predilige i piani, quanti “pp” (fino a cinque “p” consecutive!!!) troviamo indicati, il legato per dare continuità alla frase, per renderla comprensibile. Gli accompagnamenti, a noi tristemente noti come “zum-pa-pa” appesantiti, resi grevi, senza linea musicale. A proposito di questo, consiglio di ascoltare una delle tante registrazioni di Toscanini in prova con la NBC Orchestra per rendersi conto del perché la si definisce “battaglia”! Verdi NON è questo, merita rispetto come se ogni volta, gli esecutori, si trovassero davanti ad una partitura di Schubert (spiega Muti): siamo tutti bravi a rendere elegante e leggero quando occorre un accompagnamento di una Sinfonia shubertiana e tutti altrettanto coalizzati e capaci a rendere la stessa figurazione pesante e routinaria in una qualsiasi Opera di Verdi. E questo capita ancora troppo spesso sia a casa nostra che in tanti teatri d’oltralpe e oltreoceano…

Verdi merita tutto il rispetto di questo mondo e dobbiamo essere noi, fieri di essere italiani come lo è Lui a lottare per preservare tutta la RICCHEZZA che ci ha lasciato: l’OPERA, La MUSICA, IL TEATRO prima di tutto. Non possiamo distrarci, è un qualcosa di troppo prezioso! Dunque, Viva Verdi, sempre!

Lavinia Soncini