“Non capisco perchè siasi tolto il sacco: cosa importava del sacco alla polizia? Ma mi si permette dire, perchè ne vogliono sapere più di me? [..] Osservo infine che si è evitato di fare Triboletto brutto e gobbo!! Per qual motivo? Un gobbo che canta dirà taluno! E perchè no??”
Così scriveva Giuseppe Verdi in una delle sue numerosissime lettere, un po’ infastidito per quella che fu una delle tante critiche mosse dalla censura per l’opera che si accingeva a scrivere: Rigoletto. La sua produzione, infatti, fu una delle più vessate nel corso della storia dell’opera.
Verdi debutta alla Scala nel 1839 con l’opera “Oberto, Conte di San Bonifacio” e l’Unità d’Italia trova compimento nel 1861: a conti fatti per 22 anni Verdi lavora in un paese sottoposto alle censure multiple e sovrapposte di diversi stati, più o meno grandi, più o meno reazionari, più o meno rigidi. In quei 22 anni Verdi scrive, al netto dei rifacimenti, 21 opere, spesso scontrandosi con una censura mutevole secondo i teatri e manifesta per motivi politici, religiosi e di buon costume.