Siamo nello scorcio dell’estate e per alcuni di voi questo è sinonimo di una maggiore difficoltà a reperire posti e persone con cui studiare. Per altri, invece, l’inizio del mese potrebbe essere segnato dalla fatica di riprendere dopo avere interrotto la routine vocale durante le ferie.

In ogni caso, questa fase di “ripresa” ci dà lo stimolo per parlare un po’ di come il cantante dovrebbe approcciare lo studio.

 

La prima cosa da dire è che anche il cantante deve dedicare allo studio un numero piuttosto corposo di ore, esattamente come fanno i colleghi strumentisti. Un pianista che vuole fare quello di lavoro raramente studia meno di sei ore al giorno, e se decide di presentarsi a un concorso comincia a prepararsi mesi, se non un anno prima. Cantare sei ore al giorno è, chiaramente, impossibile se non addirittura dannoso. Ma studiare non significa cantare.  Cantare è, infatti, solo una piccola parte dell’esperienza di studio, perché la maggior parte del tempo il cantante dovrebbe lavorare tramite lo studio mentale.

In questo senso lo studio del cantante è più simile a quello del direttore d’orchestra che, non avendo il proprio strumento (l’orchestra, appunto) sempre disponibile per “esercitarsi”, deve passare molte ore immaginando i suoni e sentendoli con il proprio orecchio interno, memorizzando la conduzione armonica e melodica della partitura, oltre all’eventuale linea del canto con il rispettivo libretto. A questo tipo di studio, si “aggancia” anche la memoria muscolare, tramite l’associazione del gesto all’intenzione musicale che desiderata.

È grazie a questo approccio che il direttore arriva alla prima prova davanti all’orchestra con delle idee chiare da proporre ai musicisti.

 

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