La femminilità delle regine nel Belcanto
La prima metà dell’Ottocento è stata sicuramente un periodo di assestamento nella cultura italiana ed europea. La Rivoluzione francese si era conclusa negli ultimi anni del Settecento, sconvolgendo la mentalità non solo della Francia, maggiormente coinvolta, ma il pensiero di tutti i territori limitrofi. Si andava ricercando un’organicità nazionale, soprattutto nella spezzettata Italia, ancora divisa in tante piccole realtà frammentarie. Moti rivoluzionari accendevano la mentalità politica delle masse, che cercavano di organizzarsi in forze socio-politiche concrete ed efficaci, mosse da un sentimento nazionalistico comune.
La gestione politica e i ruoli di importanza istituzionali divennero sicuramente un punto focale delle arti e delle storie ottocentesche. Nobili e classi dirigenti raggiunsero velocemente la luce del palcoscenico, grazie alla loro natura pubblica, discutibile o quanto meno controversa. In particolare, le figure delle regine – solitamente inglesi, alla guida di una nazione – suscitarono grande convinzione nella risposta del pubblico. L’unione di femminilità e potere politico fungeva da forte calamita per le attenzioni degli spettatori, rapiti dalla passionalità che tipicamente connotava le donne e dalla dimensione monarchica rappresentata dalla corona.
La regina passava dall’essere il simbolo della stabilità politica di una nazione a rappresentarne anche le vulnerabilità, in quanto donna passionale e molto spesso innamorata. Se l’amore è proprio quel sentimento che causa la perdita di ogni tipo di razionalità, risulta evidente quale pericolo esso possa comportare per un capo di stato.