UNO SGUARDO A UN COMPOSITORE DIMENTICATO

 

Giuseppe Verdi, Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini: questi sono i nomi che tutti noi ricordiamo come i grandi compositori dell’Ottocento italiano. Indiscutibilmente grandiosi ed essenziali per l’opera di ieri e di oggi, governano ancora i cartelloni teatrali, affiancati da pochi “rivali”.
Quello che la storia non sempre ci ricorda è che attorno a loro vi erano tanti altri compositori celebri e degni di nota, che però al giorno d’oggi vengono spesso dimenticati. Saverio Mercadante è solamente uno degli esempi che possiamo citare a questo merito.
Nato ad Altamura nel 1795, studiò all’interno del Conservatorio di Napoli, ambiente di formazione pochi anni dopo anche del più conosciuto Bellini. I due ebbero gli stessi insegnanti e una formazione simile, per entrambi improntata a una grande attenzione per la melodia, una delle caratteristiche fondamentali della scuola napoletana.
Per comprendere più facilmente questo concetto basta provare a canticchiare la celebre Casta diva dalla Norma di Bellini per rendersi conto di come la forma della frase musicale sia ampia e riesca ad affascinare l’ascoltatore con il suo fare sinuoso e delicato. La conduzione di ogni singola nota, incasellata perfettamente in una raffinatissima frase musicale ci incanta, mantenendo sempre desta la nostra attenzione, e con essa l’udito.
La vita di Mercadante proseguì rigogliosa dopo il periodo di studio: trovò fortuna dapprima all’interno del Teatro San Carlo, dove ebbe l’appoggio di Rossini che promosse le sue prime composizioni e in pochissimi anni ottenne critiche favorevoli, arrivando presto alla Scala di Milano.
Qui, nel 1821, ebbe il suo primo grandioso successo, che porta il titolo Elisa e Claudio. L’opera fu accolta con così tanto entusiasmo dagli spettatori che fu eseguita per trenta sere consecutive, per poi essere ripetuta anche a distanza di mesi per altre 28 rappresentazioni. La risposta positiva del pubblico era sicuramente dovuta allo stile di Mercadante, che univa un’orchestrazione raffinata e piacevole (quella che sarà una caratteristica tipicamente donizettiana) alle ampie e accattivanti melodie.
La presentazione favorevole di questo melodramma gli offrì fama internazionale, raggiungendo in brevissimo tempo il contesto europeo. In seguito, le sue opere furono rappresentate anche all’estero, consentendogli soggiorni in Spagna e a Parigi.
Il suo stile compositivo era sintesi delle forme ordinate di Rossini e preannunciava l’avvento di Verdi, in quanto, anche cronologicamente, la sua produzione operistica si collocava proprio tra i due Maestri.
Ebbe un rapporto ravvicinato con Verdi, nome senza dubbio più conosciuto e rappresentato anche attualmente e collaborò con librettisti capaci e acclamati. Tra questi possiamo citare Felice Romani, autore che ha più volte scritto anche per Bellini e Donizetti e Salvatore Cammarano, ricordato -tra gli altri- per i libretti di Lucia di Lammermoor e Trovatore.
Mercadante ha anche il merito di aver diretto per trent’anni il conservatorio di Napoli, di essere stato un grande didatta e una figura monumentale nel panorama europeo, ma ancora maggiormente in quello italiano, di cui nell’Ottocento era un elemento fondamentale.
Compose circa 60 opere, oltre alla notevole produzione strumentale, ottenendo critiche entusiastiche da numerosi compositori e critici, conducendo una carriera ricca di successi e soddisfazioni. Tra le sue opere più conosciute possiamo nominare la già citata Elisa e Claudio, ma anche Elena da Feltre e Il Giuramento, opera più matura e con un carattere più autoritario e rivoluzionario.
Nonostante questo, il suo nome non riuscì a perdurare nei cartelloni. Oggi viene rappresentato raramente e il grande pubblico spesso ignora la sua esistenza.
Giustamente, la memoria odierna non può tenere conto di tutte le personalità che hanno costellato la storia della musica. Ma talvolta è interessante cercare un po’ più a fondo le origini dei cambiamenti del teatro ottocentesco, di cui Mercadante è un tassello insostituibile.
Parlare dei compositori oggi considerati “minori” ci permette di comprendere più nel dettaglio come il teatro fosse una realtà viva e in costante cambiamento anche nei periodi storici di massimo splendore, come può essere l’Ottocento italiano. Non dobbiamo mai dimenticare come le arti siano frutto di una crescita costante, di un’instancabile evoluzione che non cessa mai e che produce sempre nuovi capolavori. Parlare di storia della musica, allora, diventa non solo un modo per conoscere meglio i grandi autori, ma anche un processo che ci permette di scoprire alcuni dei compositori marginali che in modi differenti hanno sempre dato un contributo alla costruzione di un sistema operistico complesso e multiforme, che ancora oggi apprezziamo e amiamo.

Samuele Peruzzi