Nell’ambito delle celebrazioni per il V centenario della morte di Raffaello, una campagna di indagini diagnostiche non invasive condotta sull’affresco il Trionfo di Galatea, realizzato dall’Urbinate intorno al 1512 nella sontuosa dimora di Agostino Chigi, oggi sede di rappresentanza dell’Accademia dei Lincei, ha portato ad una scoperta di grande rilevanza per gli studi.

 

È stato infatti individuato nel cielo, nel mare e negli occhi di Galatea, l’utilizzo di un pigmento conosciuto come blu egizio, il primo blu artificiale della storia dell’arte e uno dei primi pigmenti in assoluto di origine non naturale. Il pigmento rintracciato, derivante dalla metallurgia del rame, costituiva il principale, se non l’unico, colore azzurro utilizzato nell’antichità classica e preclassica. La sua origine risale agli egizi, da cui trae il nome, e la sua diffusione fu estremamente ampia in tutta l’antichità fino all’Impero Romano. Nel Medioevo il suo utilizzo diminuì fino a scomparire, per poi riprendere sporadicamente nel Rinascimento. L’identificazione del blu egizio sulla Galatea di Raffaello, che rappresenta dunque l’opera più antica del ‘500 dove è stato rintracciato, può rappresentare un nuovo punto di partenza essenziale per lo studio delle modalità e la frequenza di utilizzo di questo pigmento in epoca rinascimentale.

 

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