Come diciamo sempre: l’opera ci riguarda, parla di noi e siamo noi. Quante volte, quindi, nelle rappresentazioni il motore della vicenda è costituito da storie di amori, passioni ed emozioni. E nelle scene di vita quotidiana non mancano le relazioni, specie quelle famigliari. In questo breve articolo andremo ad esplorare le sfaccettature che esistono nelle relazioni, presenti in grande quantità nell’opera, tra padri e figli.

Pur nella varietà dei singoli casi, la ricca galleria delle figure paterne lascia identificare alcune tipologie predilette nell’opera, riconoscendo caratteri ben precisi: primeggiando tra tutte, senza dubbio, quella costituita dai padri iperprotettivi, costretti a intervenire per ripristinare le ragioni della rispettabilità e dell’onore messe in crisi dall’agire sconsiderato di figli portati sulla cattiva strada da sentimenti d’amore tanto sconvenienti e proibiti quanto, evidentemente, irresistibili. In questo caso, quindi, il nostro pensiero corre subito a due delle opere più popolari del catalogo verdiano, Rigoletto e Traviata.

“Senza te in terra qual bene avrei?”: con struggente dolcezza Rigoletto esorta la serva Giovanna a proteggere la figlia, ingenua ed incauta, unico affetto al quale rivolge tutte le attenzioni. In Traviata l’intervento normativo del padre procede nell’intenzione di proteggere Alfredo (“Di Provenza il mar, il suol”), ma anche di rimproverarlo nei momenti di impeto del giovane. Inoltre, la sua autorità si esercita in maniera subdola anche nei confronti di Violetta: Germont tratta Violetta né più né meno che come una figlia in errore, mettendo in campo ogni possibile risorsa persuasiva per convincerla a farsi da parte.

Ritroviamo anche il tratto vendicativo. Pensiamo al Commendatore che, nel Don Giovanni, prima difende la figlia Donna Anna in un duello, soccombe, poi torna da morto, in forma di statua funebre, a punire il seduttore. La figlia non è da meno: formidabile la sua incitazione alla vendetta, che alterna cromatismi lancinanti e scatti eroici.

 

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