Il regno del balletto ha perso la sua regina. Carla Fracci è mancata all’età di 84 anni. Nella sua Milano suonano davanti al Piermarini, per renderle omaggio, gli stessi tram che – come ripercorse lei nell’autobiografia – guidava allora suo padre Luigi.
Come ricorda il figlio Francesco, la determinazione nelle fibre più intime del teatro e la grazia l’hanno resa celebre ovunque. Con il suo aplomb etereo e delicato anche nella vita riusciva a mettere tutti d’accordo. Nel primissimo Dopoguerra, all’età di dieci anni, sotto consiglio di un’amica di famiglia si iscrisse all’audizione per entrare alla prestigiosa Scuola di Ballo, dove venne scelta dalla direttrice Ettorina Mazzucchelli. Non sapeva cosa fosse un teatro, vi entrò in punta di piedi a braccetto con la curiosità. Fin dall’infanzia trascorsa in periodo di guerra la Carlina, come è sempre stata chiamata, si è pensata libera scorrazzando nelle campagne quando la sua famiglia era sfollata ma, ironia della sorte, nel 1946 si ritrovò attaccata a una sbarra che per tutta la vita non abbandonerà mai più. Aveva debuttato alla Scala nel 1955 come Fata della primavera in Cenerentola e da lì non sarebbe mai più tornata indietro. Giselle, Giulietta e Gelsomina sono solo alcune delle personalità che ha interpretato: è stata la prima Sylphide scaligera accanto a Mario Pistoni, colui che nel 1964 la volle protagonista ne La Strada. Ma anche temeraria Medea, suo ruolo preferito, e passionale Léa accanto a un giovane Massimo Murru nel raffinato adattamento di Cheri di Roland Petit, ultimo balletto da lei interpretato sulla scena milanese. Fra i partner più d’eccezione, oltre a Vladimir Vasiliev e Mikhail Baryshnikov, risplende l’intramontabile Paolo Bortoluzzi.