Uno dei temi più dibattuti in ambito sociale negli ultimi anni è la possibilità di essere inclusivi. Negli spazi pubblici, nelle strutture aperte a utenze disparate, ma anche nel linguaggio e negli eventi che vengono proposti. La musica, veicolo di cultura ed educazione, si è sicuramente presa carico di questa esigenza della società, allontanandosi da una impostazione più elitaria che aveva assunto nei secoli per reinventarsi attraverso la didattica.

L’aspetto didattico e formativo della musica, cari lettori e care lettrici, è un elemento che abbiamo preso in considerazione numerose volte durante le nostre riflessioni e, in completa sincerità, credo che sia proprio uno dei lati che maggiormente ammiro riguardanti il mondo musicale. La qualità più interessante, in particolare, è proprio la fluidità della musica, quella capacità di adattarsi a ogni contenitore e di saper accarezzare dolcemente ogni persona che interagisca con essa.

La musica – prima di tutto – è un vettore, uno strumento, un linguaggio che trasporta dei messaggi precisi e che può declinarsi in base alle esigenze dell’interlocutore. E attenzione, non stiamo parlando solo della musica colta o dell’educazione musicale più elevata come quella di accademie e conservatori, al contrario dobbiamo tenere bene a mente che vi è anche un lato popolare di cui tenere conto. Innanzitutto, pensando alle espressioni artistiche pop e di consumo, ma anche valutando l’educazione musicale e artistica amatoriale, dilettantistica e scolastica, troppo spesso ritenute marginali.

 

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