Sento continuamente ripetere che l’opera è finita, che non esistono più le voci di una volta, neppure il pubblico e tanto meno il giro di affari.
È tutto vero. Ma ciò che realmente è finito è un vecchio modo di intendere e vivere questo mondo che ancora tante emozioni sa dare.
Siamo forse a un passaggio generazionale o quanto meno, ci stiamo avvicinando molto dopo il lungo blackout degli ultimi dieci anni dove il teatro aveva bisogno, oltre che di una costante spolverata, di una sostanziale spinta che però nulla c’entra con le economie finanziarie ma piuttosto con quelle legate alle risorse umane. Siano esse interne inteso come nuovi profili manageriali, sia come rinnovo e accrescimento del nuovo pubblico.
Se in Italia esiste una realtà che segue queste linee, e questo passo, la si può individuare nel festival custodito in quel gioiello fatto di luce e marmo che è Martina Franca: il festival della Valle d’Itria giunto ormai all’edizione 45esima.
Di vecchio in questo festival, c’è solo un documento: la carta d’identità del presidente Franco Punzi che riporta un’età importante ma solo come memoria storica di un piccolo importante festival del sud. La visione e il cuore invece sono fresche e genuine come solo in certe terre italiane si può trovare.
A Martina Franca ci sono molti giovani, sia nei luoghi deputati allo spettacolo che per le vie. Spesso molti sono ragazzi che ritornano per i mesi estivi nella terra natale e vengono coinvolti attivamente per la realizzazione di questo festival.