La sera del 1° febbraio del 1893, al Regio di Torino, andò in scena quella che viene considerata come l’opera che portò Giacomo Puccini al pari dei grandi compositori melodrammatici del passato: Manon Lescaut. Il soggetto, che è tratto dal romanzo dell’abate Prévost «Histoire du chevalier des Grieux et de Manon Lescaut» (1731), dovette catturare talmente tanto l’attenzione del giovane compositore al punto tale che volle affrontarlo nonostante il francese Jules Massenet l’avesse proposta sulle scene solo 9 anni prima. Il compositore lucchese aveva però in mente una sua versione tutta personale che doveva essere animata da un amore disperato e profondo alla maniera italiana, e non francese. Voleva la sua protagonista ardente di passione. Frivola ed avida sì, ma travolta, anche lei, nel torbido gorgo che trascina il suo bel cavaliere. Voleva che gli amanti palpitassero sempre in un’ansia comune di salvezza e redenzione. Il tema di questa femminilità amorale, e non immorale, aveva la strada aperta anche in un’altra opera francese, Carmen (1875), nella quale vengono messi a nudo tutto il calore e l’ardore dell’animo di una donna. Manon Lescaut è creatura viva che appare in un mondo di trucchi; è la donna che il compositore anima di sensibilità propria, prima di lasciarsi intimorire o soverchiare dalla macchina scenica. Manon è donna ancor prima di essere primadonna. Fu lei il primo, vero grande amore del Maestro. Il risultato di questo amore fu uno scroscio di giudizi positivi da parte della critica musicale del tempo.
Mi piacerebbe qui di seguito riportare ciò che scrisse Giovanni Polizza sul Corriere della Sera all’indomani della prima assoluta di Manon Lescaut: «Benché molta fosse l’aspettazione, l’opera sorprese per il suo grande valore artistico, la sua potente concezione musicale, la sua teatralità. Sulle prime il pubblico era stato attento, ma diffidente. Però la diffidenza venne subito disarmata dal valore dell’opera. L’amore sì umano e insieme sì romantico del cavaliere Des Grieux per la soave e ingenua depravata Manon, ha innalzato l’ingegno del Puccini alle fonti della più fresca e artistica inspirazione. La Manon Lescaut è infatti un’opera di passione e di melodia in cui ridono le grazie incipriate del Settecento e palpita il dramma eternamente umano dell’amore e della morte».