Perché aspettare il fine settimana per andare a teatro quando possiamo vivere la nostra passione per tutta la settimana, possibilmente in trasferta?
Così come seguiamo fuori casa la pop star del momento o la squadra sportiva del cuore, possiamo farlo anche per la nostra opera preferita che quasi mai verrà fatta nel teatro sotto casa.
Ah, quanto ci piace la comodità ma è uscendo dalle proprie mura, dalla nostra comfort zone e poltroncina di velluto inclusa nell’abbonamento (ammesso che lo abbiamo), che possiamo trovare le sorprese più golose e molto spesso inaspettate.
Se il sabato siamo abbonati al turno B del teatro della nostra città di residenza, perché non partire il martedì e magari correre al treno, una volta usciti dal lavoro, con tutto ciò che ci serve per trascorrere la nostra serata fuori zona. In fondo basta poco: un biglietto del treno che se preso per tempo e nelle giornate feriali costa tanto quanto un regionale, un passaggio d’automobile da un amico che si improvvisa chauffeur in quanto tu non hai il mezzo di trasporto a quattro ruote, ne tanto meno una zucca da trasformare in carrozza, siamo fuori stagione ormai. Però hai un biglietto in più e sei pronto a scambiarlo con quella che potrebbe rivelarsi un’avventura memorabile fra le corsie autostradali che collegano un teatro all’altro.
Per finire manca il cambio d’abito al volo che spesso sarà quello che dove lo metti sta, perfettamente strizzato in un micro trolley, che se lo maltratti non fa una piega. In poche parole l’archetipo della donna perfetta per l’uomo medio. Solo che le fanciulle non sono abiti e che se l’equivalente maschile scambia le femmine come stracci, noi ragazze non siamo da meno solo che i nostri scampoli di stoffa sono di lusso e li indossiamo con un’anima.
I ragazzi se la caveranno più facilmente doppiando la più classica delle camice: quella bianca, quasi immacolata, almeno sino alla fine dell’opera. E dopo libertà di espressione a una bella patacca di sugo rosso sangue, che per esigenze di (s)cena, suggellerà la folle nottata.
Tutto pronto, 3, 2, 1… Via! Peccato che il treno subirà un abissale ritardo e l’autostrada annuncerà un incidente a 10 km dal casello, buttando così all’aria tutti i nostri sogni di gloria.
L’ansia è alle stelle, il capotreno viene incessantemente interrogato e si scorre l’app delle ferrovie per valutare lo stato di avanzamento ritardo. In macchina si ingannerà il tempo ascoltando Radio3 o cantando la canzone vincitrice di Sanremo. Se nessuna radio raggiungerà le vostre frequenze e Spotify sarà scoperto di wi fi, ci penserà l’onnipresente Radio Maria a benedire il vostro viaggio. L’ansia potrà solo aumentare ma dentro di te, qualcosa di magico ti dice “Di me fidatevi, ben tutto andrà”. No, non era la voce interiore ma stavi ripassando a mente per l’ennesima volta e per non maledire il cielo, alcuni passaggi del “Così fan tutte”.
All’ennesima imprecazione qualcosa si muove ma non è ne il treno, tanto meno l’auto. E’ quella finta sospinta che i mezzi fanno per sbuffare quando sono, come te in attesa, a motore esaurito.
Superata la falsa partenza che ti butta immediatamente nello sconforto, finalmente si riparte. Le forze in tuo possesso vorrebbero farti scendere per dar ancor più vigore al mezzo, spingendolo, che stando ai tuoi calcoli di viaggio, e a quelli del navigatore, andrà sempre troppo piano.
Sebbene tu sia comodamente seduta al lato passeggero, con il piede destro spingerai sull’acceleratore con tutte le tue forze. A quel punto il tappettino serigrafato con il marchio dell’auto scivolerà in avanti e con esso gamba e piede. L’orologio inesorabile ti ricorderà che non è vero che non è mai troppo tardi…
Finalmente la prigione in movimento arresta l’agonia e libera tutti. I piedi calpestano terra, ma ciò che avevi addosso è sgualcito, puzzi un di sudore e le gambe non si sentono proprio più. In compenso le formiche stanno facendo tutti i trenini saltati negli ultimi dieci anni proprio sui tuoi arti. Te le scrolli di dosso e svanisco nell’aria assieme al tuo entusiasmo che va però, immediatamente rincorso e che se anche se così non sembra, la serata non è stata rovinata.
Ti guardi attorno, cerchi un bar ma Mario ha già calato la serranda, in macchina non c’è sufficientemente spazio ma soprattutto c’è il tuo amico e ti vergogni. Lui incurante compare già a petto nudo intento a spruzzarzi il deodorante e infilare la camicia. Dai una sbirciatina, non avevi mai considerato il suo petto. La testa scuotendosi ti fa tornare al tuo primo obbiettivo: un posto dove cambiarsi d’abito e farsi scivolare tutto addosso come se fosse la cosa più naturale. Lo sguardo si volta ma al posto di un petto sostenuto appare una fila di bottoni in finta madreperla ben abbracciati dalle asole.
Abbiamo scelto o no un vero amico per accompagnarci in questa impresa?
Capendo la nostra difficoltà uscirà dall’auto facendo cenno di entrare e voltandoti le spalle si allontanerà.
E così bello infilarsi come un gatto, con molta meno agilità, in un auto da sole e sapere che un angelo custode sta proteggendo la nostra intimità. Peccato che quel guardiano sceso in terra si sia spostato perché distratto dalla signorina che in tacchi svelta passava, dirigendosi all’ingresso del nostro amato tempio musicale.
La paranoia del “Lei è più figa di me e sembra appena uscita dal bagno” è in agguato ma noi siamo donne di carattere, non di apparenza e se anche la gamba non è propriamente depilata andremo benissimo così come saremo. La gonna onde evitare questo spiacevole equivoco fra noi e il rasoio, ci coprirà il polpaccio sino alla caviglia.
Il nostro autista facendo cenno di sbrigarci con una mano ci aprirà lo sportello e con l’altra si avvicinerà al volto per una carezza. Pensiamo che ci stia per dire quanto siamo belle quella sera quando quella stessa mano scomparirà sopra la testa tirandoci i capelli.
“Avevi questa” e lancia sul sedile una molletta che ce li fermava.
Non c’è più tempo per il trucco e parrucco, il vento pettinerà i capelli e l’affanno colorerà quelle guance in attesa di un bacio.
Ma non è la serata giusta per essere protagoniste, siamo solo invitate alle Nozze di Figaro e il nostro bell’amico è così romanticamente e irrimediabilmente gay.
Avremo però una cosa in comune: l’oggetto del desiderio.
Non sarà un uomo, ma un’esperienza ben più totalizzante: l’Opera, e l’amiamo incondizionatamente così com è, in tutte le sue drammatiche contraddizioni.
Susanna Alberghini