Nelle ultime due settimane ho maturato l’idea che il capolavoro incompiuto di Puccini sia l’Opera più adatta al battesimo del Teatro.
Una trama alquanto semplice ma ricca di sentimento.
Un linguaggio musicale che scocca una freccia direttamente al vostro cuore.
E non lo dico perché ho l’onore di essere in scena per il 90% dell’opera all’Arena di Verona. Non lo dico perché la regia e la scenografia sono impressionanti (Zeffirelli ragazzi…). Non lo dico perché è un pensiero condiviso da… molti… (non faccio nomi, né ruoli).
Lo dico perché (non mi vergogno assolutamente) ho pianto più volte in scena e mi emoziono anche quando l’ascolto.
Lo dico perché il pubblico agli applausi esplode per tutta l’emozione che ha accumulato durante lo spettacolo; sopratutto lo dico per questo evento: alla 1a (30 giugno se non erro) c’era una ragazza americana; la sua prima volta a teatro a vedere un’Opera e la sua prima volta in Arena. Le dissi che secondo me era nel posto giusto al momento giusto. Conosceva solo il “Nessun Dorma” di Pavarotti dell’opera in sé.
Non le dissi niente della trama.
A spettacolo finito la vidi uscire piangendo. L’italiano non lo sa e non sa nulla d’Opera e sopratutto mai ascoltata…
Parlavo con una persona molto competente (ripeto: No Name) e mi ha detto che sicuramente la magia dell’Arena fa la suona buona parte, ma è l’Opera in sé che è magica. Chiariamo: non è che Aida sia un’opera di serie B, ma Turandot ha la caratteristica che vi conquista subito come ha conquistato subito Calaf e tutti i Principi deceduti.
“Gelo che ti dà foco e dal tuo foco più gelo prende! Candida ed oscura! Se libero ti vuol, ti fa più servo! Se per servo t’accetta, ti fa Re!”
Il 3° enigma è reale! Non si può non innamorarsene.
Difatti quando sono innamorato un sonetto lo dedico…
Massimiliano Mazza