Difficilmente varcando la sacra soglia di un teatro ci si sentirà esclusi e, a meno che non si provi a entrare senza biglietto, difficilmente ci si ritroverà rifiutati.

Per tutte le persone che partecipano al sacro rito della messa in scena, la chiesa è sempre e solo una: il teatro, che come madre benedicente, accoglie tutti con amore.

I fedeli della rappresentazione dovrebbero avere un solo obbligo oltre alla puntualità: lasciarsi stupire e accompagnare per mano in un percorso molto complesso composto da carne e note, perfettamente miscelato in quell’equilibrio mistico che comprende lo spirito e la materia.

Questa liturgia richiama a sé numerose e diversissime religioni che si fondono in un unico grande mistero: la devozione totale per l’opera.

Sembra apparentemente tutto così aulico ed elevato, un mondo ideale fatto di esseri superiori, quando proprio nel bel mezzo della poesia arrivano i callassiani (appassionati di Maria Callas) versus tebaldiani (appassionati di Renata Tebaldi) a guastare la pace terrena.

I credenti dell’opera non pongono limiti al credo personale, cristiani, musulmani, agnostici e persino eretici sono i benvenuti ma raramente tollereranno i tifosi della squadra avversaria, è come essere al derby.

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