Tra le eroiche battaglie sul grande schermo, le serie tv sulla criminalità organizzata, siamo assetati di sangue più di un vampiro. Nel mondo del teatro non è da meno: qualsiasi pretesto è buono per correre all’armi; per ammazzare o farsi ammazzare.
Oggi, in tutto il vario mondo della violenza, forniremo alcuni esempi sulla guerra nell’Opera.

Se non ci fosse la guerra, il mondo sarebbe un posto migliore” cit. Radames.
Ebbene sì: in Aida, la guerra, è il pretesto ed il colpevole (indiretto) per qualsiasi fatto accada nell’opera.
In Turandot, invece, Calaf è molto contento di avere perso la guerra: gli ha dato un altro regno ed una bellissima moglie; anche se con qualche mania molto simile alla Regina di Cuori di “Alice in Wonderland” (“Tagliategli la testa!” cit. Turandot).

Il Trovatore”, d’altra parte, può avere come chiave di lettura la lotta tra bande: tra rapimenti, assedi e sete di vendetta si potrebbe farne una serie tv!
In Tosca, Scarpia gode, a priori, nel torturare le sue vittime, sopratutto se esse non pagano… “Plata o pomo” come direbbe Pablo Escobar.
Ed in tempo di pace? Basti pensare a Pinkerton di Madama Butterfly.
Il risultato, in fondo, pare essere sempre lo stesso.

Nella stragrande maggioranza dei casi, la guerra, una battaglia o anche una lite (per citare Rigoletto) è l’elemento necessario che riesce a tenere in piedi la storia. Costruire una storia senza antagonista è veramente difficile, come ne La Boheme. Anche se forse in quest’ultima l’antagonista è più brutale perché è la morte stessa.
Deve esserci, quindi, un elemento scatenante, ed emotivamente forte, che fa accadere qualcosa: è alla base della costruzione di una storia.
Per farvi capire esattamente, quanto alla base è importante un momento scatenante, immaginate di dover riscrivere l’intera saga di Harry Potter, senza alterarne la trama, eccetto una cosa: il maghetto non ha mai perso i genitori.
È semplicemente impossibile.

Massimiliano Mazza