Cari melomani, oggi vi porto con me, in India, a esplorare culture lontane e poco conosciute. Come? Sempre attraverso l’opera vi parlerò di “Sāvitri”, un’opera da camera in un atto del compositore britannico Gustav Holst, sul suo libretto, andata in scena per la prima volta il 5 dicembre 1916 al Teatro Wellington Hall di Londra, ma in realtà composta nel 1909. La trama è molto particolare.
I protagonisti sono Sāvitri e Satyavān, rispettivamente moglie e marito, e quest’ultimo è un boscaiolo. Un giorno, Sāvitri si sveglia udendo la voce della Morte che la chiama per reclamare la vita del marito, che a quel punto entra in scena e trova la moglie sconvolta; l’uomo la rassicura dicendole che le sue paure sono un’illusione (Māyā). In quel momento, però, arriva la Morte e Satyavān cade a terra senza forze; Sāvitri, sola e disperata, accoglie la Morte che però si muove a compassione e le offre un dono, che non sia però quello del ritorno dell’amato marito. La donna, allora, chiede la vita in tutta la sua pienezza. Dopo che la Morte ha esaudito la sua richiesta, lei ammette che una vita del genere è impossibile senza Satyavān. La Morte, così sconfitta, la lascia. Satyavān si risveglia e dice che anche la Morte è Māyā.