Durante le sere d’estate in Arena, prima che lo spettacolo inizi, migliaia di puntini luminosi riscaldano l’atmosfera. Ecco cosa sono (e da dove nascono)

A volte dovremmo prestare più attenzione a ciò che ci accade. C’è un mondo di piccolezze, là fuori, che spesso trascuriamo, lamentando una vita monotona e silenziosa. Ma ci sono dettagli invisibili che, con poco sforzo, pos-sono diventare rumorosi, e che in un attimo si fanno imprescindibili, risvegliando nei nostri occhi la stessa vorace luminosità che caratterizza i bambini, curiosi verso ogni cosa. Deve essere questo il sentimento (se di sentimento si può parlare) che interiorizzano i droni che dall’alto del loro volo fotografano l’Arena di Verona nelle miti e rosee serate d’estate, quando il sole cala e gli amanti dell’Opera occupano i loro posti sulle gradinate ancora calde.

La tradizione dei “mocoleti” comincia da molto lontano, e non parlo di geografia, ma del trascorrere inesorabi-le del tempo. Un tempo che, non appena si mette piede nell’anfiteatro, si ferma per una manicata di secondi pri-ma di ricominciare, lentamente, ma a ritroso, riportandoci nell’antichità. Ecco che così ci appare una Verona ro-mana, segnata dalla lotta dei gladiatori e delle bestie, oppure l’esaltazione per i duelli giudiziari del Medioevo. Nell’epoca dei comuni a ravvivare le giornate degli abitanti erano i giochi cavallereschi e poi, durante il Rinasci-mento, il divertimento era dato dalle giostre, dai musici, dai trombettieri che riempivano l’atmosfera di musica gioiosa e coinvolgente. Nel Settecento cominciarono le prime rappresentazioni teatrali, per lo più marionette, ma anche farse o operette, che accompagnarono gli spettatori fino a farli scivolare nell’Ottocento, periodo in cui i sentimenti, lo spirito e l’anima sono appagati più che mai.

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