Voci d’angelo, fama da playboy
Pensando ai grandi periodi che scandiscono la cronologia del genere operistico, non si può non ricordare il Barocco. E se si pensa al Barocco, la vocalità del castrato è la prima a venirci in mente. Un timbro così iconico da avere tutt’oggi un repertorio estremamente vasto e tecnicamente complicato, fornendo numerosissime arie da concerto e ruoli operistici a cantanti di sesso sia maschile che femminile.
Nel mondo della musica, l’utilizzo dei castrati, bambini dalla voce promettente che venivano evirati e cresciuti con un’attenta educazione musicale, è durato secoli. Tuttavia, ciò che è arrivato a noi è solo un accenno all’interno di un arco temporale decisamente esteso. Infatti, la sola testimonianza sonora che ci rimane è quella di Alessandro Moreschi, registrata nei primissimi anni del Novecento. La sua è l’unica voce di castrato che possiamo realmente ascoltare, sebbene sia contaminata da tecnologie di registrazioni alquanto primordiali e segnata dall’età ormai avanzata del cantante. Una vera e propria goccia in un oceano di voci.
Difatti, stiamo parlando di oltre tre secoli di storia della musica: in Italia i primi castrati sono testimoniati intorno al 1558, rimanendo una presenza stabile fino all’Ottocento, per poi diradarsi gradualmente.