La morte è sempre stata, oserei dire, un motivo molto caro agli artisti. Nemmeno io faccio eccezione; è un misto tra paura e coraggio, la paura di affrontarla, il coraggio di vincerla. Che siate credenti o meno, esiste un concetto chiamato “arte eternatrice”.

Quando è il momento in cui ci sentiamo più vivi? Ad un istante dalla morte, nel tentativo di rimanere legati alla vita. Ci aggrappiamo tutti ad un misero filo sottile chiamato “speranza”, per poi accettare l’inevitabile e farci cullare dalla morte. Cavaradossi, per esempio, conosce bene questo senso di attaccamento alla vita, tanto da dire pochi momenti prima di morire “e non ho amato mai tanto la vita”. Non è incredibile?

E dell’ultimo grido disperato e innamorato “Turandot!” del Principe di Persia? La sua voce annuncia quasi l’odore metallico del sangue. Lo immagino mentre tende il palmo della mano alla Principessa per chiedere grazia, ma al tempo stesso lieto di offrire la sua vita. Un ossimoro, quasi romantico.

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