Cari lettori, bentrovati in questa rubrica dedicata al pensiero dello spettatore. Oggi faremo un piacevole excursus su un aspetto che lega gli appassionati d’opera, in maniera più accentuata o meno, ma sempre con grande fervore e talvolta anche esagerata agitazione. Sto parlando dell’amore sconfinato verso un determinato artista, cantante, interprete vivente o meno per il quale alcuni fan farebbero qualsiasi cosa pur di seguirlo in ogni sua recita/esibizione.

Nascono poi delle vere e proprie tifoserie, dei fan sfegatati che senza mezzi termini difendono a prescindere il proprio paladino della lirica, innalzandolo quasi ad una divinità.

Un esempio per eccellenza è rappresentato dai numerosissimi seguaci del grande soprano Maria Callas, forse una tra le cantanti più note del nostro pianeta. C’è chi la ascolterebbe ogni istante della giornata, ammaliato da quella voce che venne immortalata dalle registrazioni di un tempo e che ora rivivono ancor di più grazie ai potenti mezzi tecnologici. Pensate che per moltissimi il nome della Callas rimase sacro ed inviolato. Un esempio per eccellenza sono i famosi loggionisti nostalgici del Teatro alla Scala: dopo di lei mai nessuno osò rappresentare quelle due opere che forse furono i più grandi cavalli di battaglia del famoso soprano greco, “Norma” e “Traviata”. Lei seppe incarnare così bene le due eroine, Norma e Violetta, tanto che nessuno più osò spezzare l’incantesimo delle ormai passate edizioni scaligere. Ci riuscirono nel 1977 Gavazzeni con Norma interpretata da Montserrat Caballé e poi però più rappresentata, e Riccardo Muti nel 1990 con Tiziana Fabbricini nel ruolo protagonista: entrambi gli esiti furono trionfali, ma i nostalgici della Callas erano e sono tuttora in agguato, per loro soltanto lei rimarrà la vera interprete insuperata.

 

 

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