L’Opera siamo noi. È una frase che ripetiamo spesso tra le pagine di OperaLife, e non potrebbe essere altrimenti poiché il teatro e l’opera non solo si rivolgono A NOI ma parlano DI NOI. Passioni e sentimenti: tutte caratteristiche dell’animo umano che si intrecciano in un susseguirsi di storie e vicende. A questo poi, verosimilmente, si accosta la Natura che spesso partecipa a questi avvicendamenti ed anzi talvolta anticipa situazioni di incombente pericolo, con una potenza evocativa incredibile.

Due elementi vengono spesso richiamati ed inseriti dai compositori nelle proprie opere proprio per la loro straordinaria forza e potenza: la tempesta e il mare. Se poi anche il mare è in tempesta ancora meglio!

Troviamo allora Gioacchino Rossini che utilizza moltissimo l’elemento dell’acqua nelle sue opere. Come non ricordare il temporale notturno nel Barbiere di Siviglia: la musica evoca in una maniera riuscitissima l’atmosfera del temporale nell’aria, le prime gocce che cadono, lo scroscio, e poi la pioggia che man mano diminuisce e si placa. La scena del temporale arriva nel momento in cui, a livello drammatico, si giunge al culmine della tensione; dopo questa pausa, ci si prepara al gran finale d’opera, con un esito felice per i protagonisti. O nel caso de Le Comte Ory il secondo atto si apre su un quadro di tranquillità familiare, bruscamente interrotto dallo scoppiare della tempesta. Tempesta che anticipa il misfatto: la Contessa e le sue dame, alloggiate al sicuro nel castello, daranno asilo ad un gruppo di pellegrine, che in realtà non sono altro che il Conte e i suoi ribaldi compagni travestiti, venuti ad importunarle.

E ancora la tempesta come forza evocatrice: nell’Otello rossiniano il temporale è nell’ultimo atto. Il suo scatenarsi è l’emblema della prorompente folle gelosia del Moro e della sua rabbia: l’omicidio-suicidio incombe minaccioso.

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