A volte, quando si assiste ad una qualche rappresentazione operistica, si ha come l’impressione che le voci e gli interpreti siano gli ultimi problemi di chi mette in scena un’opera. Le voci ci sono, ma non hanno alla fine molta importanza perché sono sommerse da tutto il resto e a loro rimane “solo” il compito di cantare. Io penso che dovrebbe essere esattamente il contrario, è il cantante che con la sua voce, il suo carisma, la sua presenza scenica realizza l’opera e tutto il resto dovrebbe rimanere dietro, in secondo piano. La magia e l’emozione arrivano sempre dalla musica, fatta eccezione per pochi luoghi grandi e all’aperto dove si rappresenta l’opera, nei quali la componente scenografica contribuisce molto alla riuscita di un allestimento. All’epoca di Rossini, Bellini, Donizetti e fino alla fine dell’800 le uniche scenografie disponibili erano tele dipinte e qualche scultura, e forse allora era più semplice concentrarsi sulla musica, l’elemento principale dell’opera. Dico tutto ciò non per sminuire i grandi registi, che con le scenografie fatte in pompa magna e con effetti scenici stupefacenti hanno fatto la loro fortuna, ma semplicemente perché è importante imparare e riuscire a concentrarsi sulla voce e sull’orchestra, perché il brivido dell’emozione arriva anche con un’opera eseguita in forma di concerto. Anche l’occhio ovviamente vuole la sua parte, per cui io sono convinto che l’ideale sia trovare un compromesso tra le due, senza che una sottragga nulla all’altra. Penso per questo motivo che sia anche giusto ascoltare tante registrazioni, senza la scenografia, per concentrarsi sulla voce, sulla parola, sul modo di porgere e sul modo di fraseggiare.