“…nessun momento nel Requiem è futile, falso o frivolo. Ciò che appare così passionale e sensuale nel Requiem di Verdi deriva dalle tradizioni emotive della sua gente e gli italiani hanno tutto il diritto di poter parlare a Dio nella loro lingua!”
Sono diverse le opinioni circa la grande messa scritta da Giuseppe Verdi per “l’anniversario della morte di Alessandro Manzoni”…
Queste che avete appena letto sono le parole del critico austriaco Eduard Hanslick, a prova della totale approvazione sul lavoro del Maestro bussetano, in netta contrapposizione al parere di Bülow, invece, sprezzante e tagliente: pianista, direttore tedesco e convinto sostenitore wagneriano, entrò in forte polemica con alcune testate giornalistiche milanesi dell’epoca a causa di ferventi titoli ed articoli “pro Verdi”, innescando così un acceso scambio di opinioni in merito alla musica italiana di quel tempo rispetto a quella tedesca, appunto… dibattiti che conosciamo bene…
C’è da aggiungere un aspetto determinante: Verdi era noto per essere un uomo ateo ma più precisamente “poco credente”, a detta della Strepponi: “…è una perla d’onest’uomo, capisce e sente ogni delicato, ed elevato sentimento, con tutto ciò questo brigante si permette d’essere, non dirò ateo, ma certo poco credente, e ciò con una ostinazione ed un calma da bastonarlo. Io ho un bel parlargli delle meraviglie del cielo, della terra, del mare, ecc. ecc. Mi ride in faccia e mi gela in mezzo del mio entusiasmo tutto divino col dirmi: siete matti! e sfortunatamente lo dice in buona fede”.
Chiaramente esistono pareri vari e talvolta discordanti ma personalmente penso che si debba riconoscere la grande ed immensa sensibilità, ma soprattutto la sua così alta capacità di delineare un concetto di “spiritualità” così profondo e totale.
Non sono queste le uniche critiche, volendo; infatti, tutto ciò, va unito alle accuse di wagnerismo che gli furono rivolte da alcuni critici dopo la prima dell’Aida a Milano, accuse che avevano provocato furibonde reazioni da parte di Verdi, convinto di esser giunto all’ormai definitivo addio alle scene. “Bel risultato dopo 35 anni di carriera finire imitatore!”, scriverà̀ nell’aprile 1875 in uno scoppio d’ira all’editore Giulio Ricordi, proseguendo poi sullo stesso tono: “Certo che queste ciarle non mi fanno, come non mi hanno mai fatto deviare d’un punto da quello che volevo fare, ché io ho sempre saputo quello che volevo, ma arrivato al punto che sono, sia alto sia basso, posso ben dire: “Se è così, servitevi” e quando vorrò fare della musica potrò ben farla nella mia stanza, senza udire le sentenze dei dotti, e degli imbecilli”.
La storia fortunatamente andò diversamente: Verdi non si rinchiuse a far musica nella sua stanza e, nei quindici anni che separano Aida dalla prima della rappresentazione di Otello, il compositore si dedicherà alle revisioni di Simon Boccanegra (1881) e Don Carlo (1884) e scriverà due capolavori assoluti nel loro genere: il Quartetto in mi minore (1873) e la Messa da Requiem (1874).
Quest’ultima infatti fu composta ad un anno dalla scomparsa di Alessandro Manzoni, grande scrittore ed importantissima figura simbolo del Risorgimento italiano che il Maestro stimava moltissimo (tanto da possedere un busto che lo raffigurava nella stanza da letto della sua villa a Sant’Agata).
Il 3 giugno 1873 (Manzoni era mancato il 22 maggio dello stesso anno), Verdi scrisse a Ricordi: “Io pure vorrei dimostrare quanto affetto e venerazione ho portato e porto a quel grande che non è più e che Milano ha tanto degnamente onorato. Vorrei mettere in musica una Messa da morto da eseguirsi l’anno venturo per l’anniversario della sua morte. La Messa avrebbe proporzioni piuttosto vaste, ed oltre ad una grande orchestra ed un grande coro, ci vorrebbero anche (ora non potrei precisarli) quattro o cinque cantanti principali”.
E così fu; il i però, fu composto nel 1869 a seguito di un progetto che avrebbe dovuto vedere la composizione a più mani di una Messa da requiem per la morte di Gioachino Rossini (appunto, “Messa per Rossini”); nonostante il fallimento dell’impresa però, l’allora direttore del Conservatorio di Milano Alberto Mazzuccato, fece intendere al Maestro che sarebbe stata cosa buona e giusta non abbandonare del tutto l’idea di comporre una Messa per intero…
Il 22 maggio 1874, nella chiesa di San Marco, dopo l’autorizzazione del sindaco Giulio Bellinzaghi, Verdi offrì alla città di Milano il suo Requiem.
Nel 1875 operò una revisione al Liber scriptus, optando per un’aria per mezzosoprano; per quanto riguarda l’intensa pagina del Lacrimosa, si tratta di una rielaborazione del materiale del Lacrimosa del Don Carlo, presente inizialmente nel quarto atto dell’opera nella sua versione in cinque atti.
https://youtu.be/wGcjM214A3A
⬆️ Lux Aeterna – Muti, Chicago Symphony Orchestra
Lavinia Soncini