[…] Siamo nella Ca’ d’Oro, splendida residenza di Alvise Badoero. L’uomo è fuori di sé, la sera prima ha perso per un soffio la possibilità di stanare i due amanti. Laura è stata fatta fuggire da Gioconda ed egli non è quindi riuscito a mettere le mani né su di lei né sul giovane Enzo. Tale affronto va pagato a caro prezzo, chi tradisce un Badoero non può sperare pietà. Ma il nobile decide di non sporcarsi le mani, sarà proprio la sua “gentile” consorte a togliersi la vita. Egli convoca quindi la donna, fingendo indifferenza e con ironia accenna al suo tradimento; poi con ira estrema intima alla donna di confessare, le porge una boccetta di veleno e le ordina di suicidarsi. Laura è disperata, ma prima che una canzone di gondolieri udita da lontano finisca, ella deve bere da quella boccetta; tale e l’ordine del marito che, una volta dettato il suo volere, abbandona la stanza.

In quel momento sopraggiunge Gioconda, ancora una volta venuta a salvare la donna, con in mano una boccetta di un potente sonnifero. La donna riesce a convincere Laura a bere e fugge via, sconvolta di quanto è riuscita a fare per amore di Enzo.

Quando Alvise rientra vede Laura priva di sensi, la boccetta vuota e si convince che la donna sia morta.

Intanto nel palazzo iniziano ad arrivare degli invitati, per i quali il nobile Badoero ha fatto allestire delle danze; tra loro si nasconde il giovane Enzo mascherato … Tutti sono gioiosi quando improvvisamente irrompe Barnaba trascinando con se la Cieca ed accusandola nuovamente di stregoneria. Si odono le campane che suonano a morte e Enzo si chiede per chi esse innalzino il loro lugubre canto. –Per Laura- tuona perfido Barnaba.

Alvise sprezzante mostra a tutti la bara dove giace il corpo della donna, ed Enzo, gettata la maschera, si scaglia furente contro di lui, ma viene fermato dalle guardie ed arrestato. Gioconda disperata promette il suo corpo a Barnaba, purché egli la aiuti a liberare l’amato; ma il perfido, nel tumulto generale, rapisce la Cieca.

L’ultimo atto si apre in casa di Gioconda, in un palazzo diroccato sull’isola della Giudecca. Arrivano gli amici cantori della donna, che hanno, su suo ordine, trafugato dal cimitero il corpo di Laura. Essi adagiano le spoglie della donna, apparentemente senza vita, su un letto. La Gioconda chiede loro ancora un ultimo favore; non ha più notizie della sua povera madre e li implora di cercarla.

Rimasta sola, disperata, medita il suicidio. Non sa se Laura sia viva o morta, se il potente sonnifero l’abbia uccisa invece che addormentarla profondamente e, per un attimo, ha la tentazione di pugnalarla, approfittando del suo stato di incoscienza. Ma ode delle voci provenienti dalla laguna, che annunciano la presenza di un cadavere galleggiante; presa dall’orrore si pente ed invoca il perdono dell’amato Enzo.

Proprio in quel momento l’uomo, liberato da Barnaba per intercessione di Gioconda, fa irruzione nella stanza. Egli è disperato e vuole raggiungere il sepolcro dell’amata per uccidersi accanto a lei. La cantatrice gli dice di averla rapita ma non intende rivelargli dove l’ha nascosta. Proprio nel momento in cui Enzo, preso dalla rabbia, sta per uccidere Gioconda, Laura si sveglia e lo chiama flebilmente. Rinvenuta, la donna spiega tutto al giovane, come Gioconda le abbia salvato la vita. I due amanti la ringraziano, la benedicono e fuggono insieme su una barca per Aquileia.

In preda alla disperazione Gioconda sta per uccidersi quando si ricorda della madre e del terribile patto stretto con Barnaba per ottenere la liberazione di Enzo. Proprio in quell’istante l’uomo appare per riscuotere il suo premio: il corpo di Gioconda. Dapprima la donna finge di lusingarlo, poi si getta di peso sulla spada e si uccide. Barnaba, ingannato, vorrebbe vendicarsi dicendole di averle ucciso la madre, ma ormai la donna è già morta e non ode più. Con un grido di rabbia Barnaba scappa e sparisce tra le calli.

Samuela Solinas