Cari melomani, per questa rubrica dedicata al rapporto tra musica e storia torniamo a parlare di Giuseppe Verdi. In particolare vi parlerò di una delle sue opere della maturità: “Simon Boccanegra”, su libretto di Francesco Maria Piave, per la prima versione, e Arrigo Boito per la seconda e andata in scena per la prima volta il 12 marzo 1857 al Teatro La Fenice di Venezia. Le due versioni sono molto differenti e io vi proporrò la trama della seconda, poiché è quella che viene rappresentata di consueto nei teatri.

Il prologo si apre sulla Genova della metà del XIV secolo: la città è in fermento perché sta per essere eletto il nuovo doge e le lotte per l’elezione sono tra il partito plebeo, con a capo Paolo Albiani, e il partito aristocratico, capeggiato da Jacopo Fiesco.  Paolo sostiene la candidatura di Simon Boccanegra, un corsaro che ha reso molti servigi alla città, che irrompe sulla scena angosciato per la sorte della sua amata Maria, dalla quale ha avuto una figlia, e che è tenuta prigioniera dal padre Jacopo Fiesco. Simone viene convinto da Paolo ad accettare la candidatura a doge prospettandogli che una volta assunta questa carica nessuno si potrà frapporre fra lui e Maria. Nel frattempo Jacopo Fiesco esce dal suo palazzo sconvolto perché Maria è morta. Giunge Simone, ignaro dell’accaduto, e supplica Fiesco di concedergli in sposa la figlia, il nobile accetta a patto che il corsaro gli consegni la nipote. Simone confessa di non sapere dove si trovi la figlia, Fiesco congeda il corsaro che entra di soppiatto nel palazzo e scopre il cadavere di Maria; in quello stesso istante il popolo lo acclama nuovo doge di Genova.

 

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