Siamo felici ed onorati di intervistare Ottavio Dantone, famoso clavicembalista e direttore d’orchestra, diventato nel tempo uno dei personaggi di spicco come interprete ed esperto di musica antica, grazie anche alla strettissima collaborazione con l’Accademia Bizantina, gruppo musicale del quale dal 1996 ne è direttore musicale ed artistico. In queste settimane Dantone è impegnato nella direzione della “Cenerentola” di Rossini al Teatro alla Scala di Milano.
1. Siamo sempre curiosi di partire dalle origini. Com’è nato il suo amore per la musica e soprattutto per la musica antica? Perché il suo strumento prediletto è diventato proprio il clavicembalo?
La mia formazione é stata assolutamente empirica dal momento che ho imparato a leggere e scrivere la musica da solo, tra i 4 e i 9 anni. Successivamente sono entrato nel Coro e nella scuola della Cappella musicale del Duomo di Milano, dove ho ricevuto le prime lezioni di Organo e Pianoforte e dove ho potuto ascoltare e praticare tanta musica polifonica. Questa esperienza ha contribuito già molto ad avvicinarmi alla Musica antica. A 14 sono entrato in Conservatorio nella classe di Organo, dove non perdevo occasione di intrufolarmi nelle aule di Clavicembalo per poter toccare per qualche minuto questo strumento che mi affascinava moltissimo. A 18 anni me ne sono costruito uno utilizzando un kit, e da allora il Clavicembalo non mi ha più lasciato.
2. Nelle recenti esecuzioni handeliane del Rinaldo l’abbiamo visto coinvolto come maestro concertatore, direttore d’orchestra e al contempo clavicembalista. Quali caratteristiche musicali devono coesistere per affrontare questo duplice ruolo?
Se da un lato è necessario avere una certa esperienza in tutti gli aspetti che compongono una rappresentazione teatrale, dalla concertazione alla pratica del Basso Continuo, oltre alla particolare gestualità che caratterizza una direzione dal Cembalo, devo dire che affrontare un Opera dalla prospettiva di un componente dell’Orchesta può aiutare e agevolare una simbiosi sia con i strumentisti che con i cantanti.
3. Ciascuno di noi guarda spesso a qualcuno come modello, come esempio. Lei ha qualche Maestro/Direttore di riferimento del passato o del presente?
Sí e no, nel senso che non ho nessun riferimento particolare, ma cerco di imparare da tutti.
4. Due domande che riguardano di più il suo gusto personale: qual è l’opera che preferisce, quella che ha diretto con maggior trasporto ed emozione? Quale musica, invece, predilige suonare al clavicembalo?
Io mi innamoro di qualunque partitura decido di studiare e poi eseguire. Mi piace sviscerarla a poco a poco, alla ricerca di tutti i particolari evidenti o nascosti. Normalmente la musica che dirigo con maggior trasporto o emozione è l’ultima che ho sotto gli occhi. Stessa cosa per il Clavicembalo, anche se J. S. Bach è il mio autore preferito. In ogni caso il mio motto è: non esiste musica brutta, semmai musica eseguita male.
5. I cartelloni dei teatri italiani non hanno spesso titoli d’opera barocca. Solo in tempi recenti è stato presentato qualche progetto, come la ripresa delle opere di Vivaldi nella stagione della Fenice a Venezia con la direzione di Diego Fasolis e, ovviamente, il suo progetto Händel nel circuito lombardo ed emiliano. All’estero, invece, sembra che l’opera barocca sia molto in voga e sempre contemplata nelle stagioni dei vari teatri. Perché questo divario?
Questa domanda mi viene posta spesso, ma in realtà negli ultimi anni si ha l’impressione di un cambiamento. Oltre ai sopracitati Teatri di Milano e Venezia, anche il Regio di Torino, il Comunale di Firenze, l’Opera di Roma e molti altri programmano periodicamente Opere barocche. Certo, forse ancora meno che all’estero, ma i direttori artistici italiani cominciano a rendersi conto che il pubblico ha voglia di ascoltare questo repertorio, che di fatto lo riconduce alle sue stesse radici culturali. Quindi predico che l’Opera del sei-settecento troverà in futuro sempre più spazio nei cartelloni dei nostri teatri, grandi e piccoli.
6. Le prossime stagioni del circuito emiliano la vedranno direttore nell’opera “Serse”: quale messaggio può ancora dare Händel con la sua musica alla società odierna?
Esattamente lo stesso di trecento anni fa. I meccanismi emotivi non sono cambiati. Chiaramente è importante che l’esecutore di oggi sia in grado di consegnare queste emozioni all’ascoltatore con un linguaggio storicamente comprensibile, altrimenti si rischia l’equivoco o il fraintendimento artistico e intellettuale.
7. Ormai da anni il suo nome è legato in maniera imprescindibile all’Accademia bizantina, con la quale ha eseguito ed inciso moltissima musica. Com’è nato questo rapporto e quali sono gli elementi fondamentali che stanno alla base per eseguire con impeccabilità e grande virtuosismo la musica barocca?
Ho avuto la fortuna di incontrare e cominciare a collaborare con l’Accademia Bizantina nel 1989 in qualità di Clavicembalista e nel 1996 mi è stato offerto l’incarico di Direttore. Da quel momento, insieme ai miei musicisti, abbiamo approfondito il linguaggio e i codici retorici della musica antica, a partire dalla fine del ‘500, al fine di trovare un’espressione comune e un’unità di pensiero tale che permettesse di rivolgerci all’ascoltatore in maniera chiara, onesta e comunicativa. La nostra filosofia è che ogni gesto o espressione hanno un’origine precisa, che proviene idealmente dalla mente del compositore. La precisione e il virtuosismo non sono fini a loro stessi ma rappresentano la traduzione e la comunicazione al pubblico di emozioni che rimangono intatte nei secoli.
8. Spaziando oltre la musica antica, lei ha scelto di dirigere un’opera dell’Ottocento qual è la Cenerentola di Rossini. Quale rapporto potrebbe stabilire tra i due diversi stili musicali? E perché ha scelto proprio Rossini?
Tutta la storia della musica, fin dalle origini, è legata da un filo che nel corso del tempo ha connesso e influenzato gradualmente tutte le generazioni. Ogni epoca e stile musicale sono stati influenzati dai precedenti, nella scrittura, nei gesti esecutivi grandi e piccoli, nella costruzione degli strumenti e nell’evoluzione tecnica e espressiva. È quindi sempre importante conoscere i caratteri e l’estetica della musica precedente a quella che si studia ed esegue. In Rossini ad esempio sopravvivono moltissimi di questi gesti e di una prassi che hanno chiare influenze settecentesche, sia nel canto che nella pratica strumentale. Il non tener conto di questo rischia di non far emergere la vera essenza e le sensazioni che Rossini voleva suscitare, ed è un peccato perché lui aveva senz’altro in mente il risultato più efficace sotto tutti i punti di vista.
Nel caso della Cenerentola della Scala non ho scelto io il titolo ma mi è stato proposto nel quadro della ripresa di una produzione, quella di Ponnelle e Abbado, che all’epoca fece grande successo ed entrò nella storia. Ma a parte questo scelgo molto spesso di dirigere opere di Rossini perché mi diverte molto, oltre a stimolarmi nel cercare appunto legami e corrispondenze col classicismo.
9. Uscendo dal territorio Rossini-Barocco, c’è un’opera che le piacerebbe dirigere nei prossimi anni?
I Maestri cantori di Wagner, ma credo proprio che rimarrà un sogno…
10. C’è un luogo a cui è particolarmente legato musicalmente?
No, non particolarmente. Ma le mie origini musicali mi portano a sentirmi felice seduto a un bell’Organo di una piccola Chiesa.
11. Sentiamo spesso di giovani direttori che si cimentano in opere, musica da camera e sinfonica molto impegnative e di difficile interpretazione. Ha un messaggio o qualche consiglio da dare a questi direttori?
Non mi sento così vecchio o esperto da poter dare consigli o messaggi ai giovani. In ogni caso è proprio della gioventù il lanciarsi a volte con incoscienza in repertori complessi o difficili (l’ho fatto anche io). Credo che un Direttore intelligente troverà poi da solo, attraverso l’esperienza e lo studio, un equilibrio tra gesto tecnico, padronanza della partitura e capacità comunicativa.
12. Invece, che consigli ha per i giovani cantanti che vogliono cimentarsi nel repertorio antico?
Per affrontare il repertorio antico con consapevolezza è necessario molto studio, non solo musicale ma anche storico e umanistico, oltre a un minimo di conoscenza dei codici retorici che regolavano la comunicazione emotiva. Poi se c’è “anche” la voce tanto meglio… Ovviamente è un paradosso, ma non bisogna sottovalutare il fatto che a volte molti cantanti sono troppo concentrati sulla loro voce, senza essere al corrente del contesto storico-estetico di ciò che cantano. Quindi l’unico consiglio è coltivare la voce insieme alla conoscenza.
13. Quali saranno i suoi prossimi impegni?
Ci sono molti progetti. Ne cito solo alcuni: Come direttore ospite farò le Nozze di Figaro e Così fan tutte a Zurigo, poi Cenerentola di Rossini a Monaco, Alcina e Barbiere di Siviglia a Dresda, oltre a concerti sinfonici con l’Orchestre National de France, con la Filarmonica della Scala e la Rai di Torino. Con l’Accademia Bizantina, oltre al Serse di Händel in diversi Teatri italiani e poi al festival di Beaune, faremo la Dori di Cesti a Innsbruck, poi l’incisione del Bajazet di Vivaldi con in seguito la messa in scena a Ravenna e in altri teatri, l’Agrippina ad Amsterdam, concerti e incisioni, sia strumentali che vocali, a volte con la mia cantante preferita (che è anche mia moglie), ovvero Delphine Galou, ma anche una nuova incisione con il nostro amico da tanti anni, Andreas Scholl, e molto altro…
Ringraziamo moltissimo Ottavio Dantone per la sua disponibilità e gentilezza. Lo salutiamo augurandogli in bocca al lupo per i suoi prossimi appuntamenti, sperando di poterlo ritrovare in futuro.
Alessandro Bugno