Bergamasco famoso in tutto il mondo al pari di Gaetano Donizetti è, probabilmente, il più importante basso-baritono italiano impostosi sulla scena operistica internazionale. Insignito di prestigiosi titoli, premi e riconoscimenti, come quello di Kammersänger ricevuto a Monaco lo scorso anno, è un cantante che spazia in ruoli diametralmente opposti per carattere e vocalità, mostrando e dimostrando capacità tecniche ed espressive di ampio spettro. Per noi di OperaLife Alex Esposito, orgoglio e vanto del canto italiano.

 

  1. Il debutto nel 1997. Guardando indietro e ripensando a quel giorno e a quanta strada hai fatto da allora, quali sensazioni riporta alla mente e quanto sei cambiato rispetto ad allora?

Ricordo il giorno del mio debutto con gioia e, allo stesso tempo, con grande tenerezza. Da quel giorno ne è stata fatta di strada e, sicuramente, sono una persona diversa da allora. Negli anni trascorsi e, ancora oggi, ho avuto la fortuna di conoscere e di lavorare con tantissimi grandi artisti che mi hanno artisticamente arricchito e che hanno contribuito a creare quello che è il mio attuale background. Ripensando al tempo trascorso sì, sono effettivamente un’altra persona, un altro artista. Ciò che sono oggi lo devo anche a tutte le esperienze, positive e negative, che ho acquistato nel tempo e con grande serenità posso affermare che rifarei tutto, anche gli errori commessi e le cose negative che mi hanno segnato. Ogni evento, ogni situazione è una sfida, un banco di prova che lascia inevitabilmente un segno in ognuno di noi. Sta poi alla nostra intelligenza e alla nostra maturità utilizzare quel singolo evento o esperienza come un qualcosa a cui guardare per non ricadere nello stesso errore.

  1. Il tuo repertorio spazia da Don Giovanni a Méphistophélès, passando per Selim, Assur, Filippo II di Spagna. Quale tra i grandi ruoli interpretati hai sentito più vicino alla tua personalità e quale, invece, è stato una vera sfida perché lontano dal tuo mondo?

I personaggi che spesso interpreto, come nel caso di quelli sopra citati, non sempre rispecchiano la mia personalità, anche se a volte, da un punto di vista strettamente interpretativo, sono quelli che mi stanno più a cuore perché, appunto, musicalmente molto interessanti e perché in qualche modo sono legati alla mia infanzia di ascoltatore. I miei ruoli sono frequentemente caratteri appartenenti a personalità maschiliste, assassini, eternamente in lotta con qualcuno e, fortunatamente, estremamente lontani dal mio mondo. Mi piace salire sul palcoscenico per raccontare di essi (oltre che per cantare, ovviamente) poiché il suolo che calpesto è quello di una magnifica finzione, non quello della realtà. La recitazione ha, per me, la stessa importanza del canto e non posso, nel mio approccio a questi grandi personaggi, prescindere da essa. Non si è grandi artisti se non si è anche grandi attori. Leporello è un personaggio al quale sono molto affezionato. È un “numero due” che corre a tamponare le malefatte di qualcun altro ed è anche lo stesso pubblico che, alla fine, riesce ad immedesimarsi in lui arrivando quasi a provare un certo affetto per la sua persona. Difficilmente si riesce ad entrare in empatia con personaggi come Assur o Filippo II. Li si ammira, quasi li si venera nella loro ieratica finzione ma, alla fine, ci si affeziona più all’umanità di un Leporello che non all’austerità di un Filippo II.

 

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