Siamo felici di intervistare il giovane tenore, ma già affermato, Vincenzo Costanzo, che ritroviamo dopo un ennesimo successo al Teatro La Fenice. 

 

Come nasce il tuo amore per l’opera? 

È una domanda che mi fanno spesso, ed io faccio un po’ fatica a rispondere perché non riesco ad identificare un momento preciso in cui sia nata questa passione. Sono convinto che le cose belle e gli amori, quelli veri, nascano con noi sin dal primo vagito… e nel mio caso potremmo definirlo il primo vocalizzo. Quello vero, in un certo senso “più canonico”, è arrivato all’età di 6 anni a casa di mio nonno quando ho voluto emulare un tenore in una pubblicità che davano in TV.

 

Per te la figura del Maestro è molto speciale, non solo una guida tecnica ma qualcuno capace di essere una sorta di “Maestro di vita”: chi puoi considerare così nel tuo percorso e quanto ti ha aiutato? 

Il maestro è una figura fondamentale non solo per costruire una solida tecnica vocale, ma anche per aiutare noi cantanti ad avere un rigore che definirei mentale. Mi riferisco al necessario equilibrio interiore che un artista deve possedere per affrontare in modo il più possibile sereno le sfide che questo mestiere pone. Mi ritengo molto fortunato ad aver incontrato il maestro Piero Giuliacci, uno dei pochi in Italia che conosce la vera tecnica del canto sul fiato. Mi ha aiutato a costruire la mia voce agli inizi della carriera ed è stato sempre al mio fianco, anche quando mi è capitato di attraversare momenti critici. Gli devo tanto e gli sarò sempre riconoscente. Dal punto di vista musicale, mi segue Massimo Iannone.

 

LEGGI TUTTO L’ARTICOLO SUL MAGAZINE