Siamo con uno dei registi più apprezzati del momento, ma il Maestro Stefano Poda non solo ha firmato grandi regie come l’Aida del Centenario all’Arena di Verona che è andata in mondovisione, ma anche recentemente Eduardo e Cristina al ROF di Pesaro e La Juive a Torino da togliere il fiato.

 

Partiamo dall’inizio, come nasce la tua passione per il teatro e la regia teatrale?

Lo ricordano bene i miei compagni delle elementari, che oggi non si stupiscono di quello che faccio perché me lo avevano visto fare da sempre, e che conservano ancora qualche mio disegno. Non ricordo un solo momento della mia vita in cui non abbia fatto lo stesso che faccio oggi: ossia ricreare mondi paralleli. Anche le prime volte a teatro o ascoltando le prime opere, non potevo fare a meno di chiudere gli occhi e scoprire altre dimensioni che poi persistevano per mesi. Chiudendo gli occhi vedevo “cose” che pensavo dovessero essere così… solo più tardi ho capito che non per tutti era lo stesso: e ho tardato anni ed anni cercando di dare forma e professione a quel che sentivo.

 

Non si può definirti solo regista, ma anche scenografo, costumista, luminista e coreografo; come hai costruito questo background così ricco (che si vede nelle tue regie)?

Appunto non mi sento un regista nel senso stretto, neppure uno scenografo o un costumista o un coreografo. Ho scoperto, inventato e sviluppato un mio linguaggio, una mia maniera peculiare di esprimermi grazie ad un lavoro indipendente e completamente autonomo. Tutto si è sviluppato insieme, parallelamente, e per questo non potrei fare altrimenti. Un percorso chiarissimo ma per nulla facile, in un’epoca in cui non andavano di moda i registi e gli scenografi giovani e in cui non si parlava ancora di “regia moderna”, anche se quello che faccio non credo sia “moderno”, ma sia piuttosto un’altra cosa. A quell’epoca poi non c’erano neppure i DVD, men che mai YouTube… né per mostrare quello che facevo in parti remote del mondo, ma neanche per documentarsi di quello che avveniva… Dunque bisognava “scoprire” e ricercare disperatamente. E così ho dedicato ogni giorno della mia vita lavorando e pensando tutti i giorni per riuscire meglio a riprodurre atmosfere perdute o mai conosciute, a fare scultura, a dipingere, a tagliare costumi, a far muovere i danzatori e chi non lo siano, a motivare gli artisti e soprattutto a come arrivare al pubblico anche nuovo.

 

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