Baritono dal sangue spagnolo e dalla calda voce belcantistica. Classe ’85 con una maturità espressiva e tecnica degna di molti esperti colleghi. Per noi di OperaLife oggi abbiamo ospite Pablo Ruiz, vincitore del premio ASLICO nel 2015.

 

  • Dal debutto ad oggi. Cosa ti porti ancora dietro da quel giorno e cosa, invece, hai mutato, rivoluzionato nella tua personalità artistica?

Dal debutto, che per me è stato quello del Dandini della “Cenerentola” all’Opera Tenerife nel 2014, nonostante avessi già partecipato ad altri progetti operistici presso il Teatro Real di Madrid, rimangono le grandi emozioni che si provano sul palco, avvolti in quel magico mondo musicale in cui canti invece di parlare. Fin da bambino sono stato un amante dell’opera, arte in cui convergono tutte le altre e che per questo è magica. Nella mia personalità si è evoluta, attraverso i meccanismi, la fiducia in me stesso, sapendo sviluppare e adattare i meccanismi vocali e teatrali in base ai ruoli che ho interpretato. Per questo è necessario che l’intelligenza abbia alimentato l’esperienza. Ogni volta sul palco mi ritrovo più fiducioso e in grado di aggiungere qualcosa di personale ad un personaggio. Questo viene poi rivelato sia nel canto che nell’interpretazione in generale.

  • Il tuo repertorio al momento comprende Donizetti, Puccini, Rossini, Mozart ed altri grandi nomi della lirica. Quale tra i personaggi interpretati hai sentito più vicino al tuo mondo e quale invece è totalmente lontano da ciò che sei? 

Ho la grande fortuna di avere una formazione operistica totalmente italiana e questo mi ha avvicinato ai personaggi di Donizetti e soprattutto di Rossini. Poco tempo fa ho avuto un legame particolare con il Leporello del Don Giovanni di Mozart, che ho potuto debuttare in Francia. Forse a causa dell’ispirazione della musica del genio Mozart, da quando ho aperto lo spartito il primo giorno di studio fino alla chiusura del sipario all’ultima rappresentazione ho goduto del personaggio e ho riflettuto su cosa significa per me il ruolo di Leporello. Sicuramente non abbiamo la stessa personalità, poiché né la paura, né l’insicurezza, né la superstizione fanno parte di me, ma ciò che ci unisce è la devozione a ciò che siamo veramente, e ciò in cui crediamo. E come Leporello, anche io ho la libertà di giudicare ciò che ritengo errato e sbagliato (Questo è il fin di chi fa mal). Siamo inoltre andalusi ed entrambi ci siamo di sicuro divertiti nella Plaza de Doña Elvira a Siviglia qualche volta.

 

 

 

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