Siamo felici di intervistare Murat Karahan, tenore di fama internazionale di origine turca. Presente nella stagione areniana 2021 e capace di portare il Bel Canto in tutto il mondo, ha alle spalle una carriera florida e piena di successi, che oggi ripercorreremo insieme. 

  • Partiamo dall’inizio: come nasce la tua passione per l’opera?

I miei genitori hanno sempre avuto per genetica una bella voce ed ho iniziato a cantare e suonare per gioco; cantavo le canzoni popolari turche. È stata mia madre a spingermi verso l’arte dell’opera, all’inizio non ero molto convinto nemmeno quando studiavo, ma al termine dei miei studi subito mi assegnarono un ruolo in teatro e le sensazioni che provai, degli applausi, dell’orchestra, hanno profondamente cambiato la mia vita. Mi sono recato in seguito a Santa Cecilia lavorando con Renata Scotto per comprendere lo stile e l’arte italiana. Poi è stato tutto un susseguirsi di cose, di ricerca, di fare sempre meglio… ed eccomi qua.

  • Tu hai una vocalità molto importante, all’inizio – per trovare la strada – hai incontrato molte avversità?

Quando ero studente in conservatorio avevo difficoltà soprattutto nel registro acuto, perché imitavo Corelli, Domingo, etc. e per un paio di anni questa difficoltà è rimasta. Ma un giorno il mio maestro turco mi sentì cantare le nostre canzoni tradizionali e, interrompendomi, mi disse che quella era la posizione corretta per l’acuto: una posizione naturale, senza artificio e che non “imitava nessuno”. Focalizzatomi poi su questo aspetto ascoltai molto Luciano Pavarotti, intesi il suo “aperto ma coperto” e la sua grande naturalezza, e da lì tutte le mie difficoltà si risolsero.

  • Hai avuto la possibilità di cantare in tutto il mondo, c’è un teatro al quale sei particolarmente legato?

Sì, sono molto legato all’Arena di Verona, al Bolshoi e al San Carlo di Napoli. Sono felice di cantare in tutti i teatri ma in questi sento una particolare connessione con il pubblico.

 

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