Siamo felicissimi di intervistare Luca Salsi, baritono affermatissimo nel panorama nazionale ed internazionale. Lo incontriamo mentre è impegnato nel ruolo di Macbeth di Verdi nell’apertura della stagione Lirica del Teatro La Fenice di Venezia.

1. Come di consueto, partiamo sempre dall’inizio della tua carriera: come nasce il tuo amore per l’opera? È legata ad un fatto o ad un evento particolare della tua vita?

Ho studiato pianoforte fin da quando avevo sei anni. A 16 anni è venuto ad abitare nel mio paese una coppia di musicisti, in provincia di Parma, e la moglie cantava nel coro polifonico “Ildebrando Pizzetti”, sempre di Parma. Io sono andato a sentire e mi sono innamorato di questo coro, ho chiesto di entrare (prima facevo solo musica leggera, facevo piano bar con gli amici). Il Maestro del coro, Adolfo Tanzi, mi disse: “Senti, ma hai mai pensato di studiare di canto lirico, hai una bella voce!”. Mi fece studiare “Non più andrai farfallone amoroso” per l’esame di ammissione al conservatorio e così sono entrato a 17 anni. Se non fosse stato per lui non sarebbe successo nulla. A 22 anni ho debuttato per la prima volta in teatro.

2. Quale studio affronti per preparare un nuovo personaggio?

Innanzitutto parto sempre dal segno musicale, da tutto quello che è scritto, studio benissimo le note, studio i valori delle note, mi preparo bene musicalmente. Poi il secondo passo è capire cosa c’è dietro una nota perché le note non sono scritte così a caso, hanno un significato soprattutto per quel che riguarda Verdi, che è l’autore che io canto di più. C’è sempre un legame tra il libretto, la parola scenica, quella che Verdi amava molto e quello che lui scrive sopra. Bisogna capire bene cosa lui intendesse scrivendo una certa nota, un certo segno musicale, un piano, un forte, una descrizione. Nel caso di Macbeth, ad esempio, scrive cose incredibili: cupo-sottovoce, voce strisciante, senza suono. Voce senza suono: come la fai? Cosa vuole intendere? Quindi c’è davvero uno studio minuzioso. Non per ultimo, lo studio del libretto, che è quello che prediligo: sottolineo le parole importanti (anche a discapito di un bel suono). Nel connubio Verdi-Shakespeare la parola scenica deve essere assolutamente rispettata: non puoi cantare “inferno” come “amore”, vanno sottolineate, vanno cantate con il loro vero significato.

3. Macbeth è un uomo profondamente combattuto, ora lo ritroviamo crudele e spietato, ora lo troviamo turbato, succube della Lady, spaventato ed ossessionato dai presagi delle streghe. Come cerchi di rendere questo personaggio nel palcoscenico?

Io cerco sempre nei personaggi (soprattutto verdiani, ma non solo, vedi Scarpia, Gerard ecc..) di essere il più vero possibile, di cercare una verità tra quello che sono in scena e quello che canto. Oggi non è più possibile stare fermi, cantare bene e basta. Per le belle incisioni, quelle perfette con le voci del passato, c’è già Internet, Youtube, ecc.. Ma se vieni a teatro ti vuoi emozionare: bisogna essere veri in scena, credibili, ma ci devo credere io per primo! Quando sono lì io credo a quello che sto facendo, cioè penso davvero di essere Macbeth, non penso di essere Luca Salsi che canta Macbeth, perché sennò non esce il personaggio.
Le emozioni di Macbeth io le vivo veramente e quindi il fatto di trasformarmi da un personaggio più duro a succube della Lady, da terrorizzato dalle streghe ad inquietato (nella regia in questione) dal ricordo della figlia scomparsa, sono tutte cose che a me vengono naturalmente perché, oltre ad averlo interpretato molte volte, ce l’ho dentro. Poi ovviamente anche perché ho studiato molto bene quello che sto dicendo e quindi lo vivo, non penso di recitare ma solo di viverlo. Mi viene perché sono Macbeth e non sono più Luca.

Salsi24. Il Maestro Chung ha instaurato un grande sodalizio con il teatro veneziano: com’è stato lavorare con lui?

Bellissimo, un musicista veramente interessante. Lui debutta per la prima volta quest’opera, ma ha una grandissima sensibilità musicale, una grande attenzione anche al palcoscenico: lui è rimasto sempre presente alle prove di regia, per intervenire indicando quali numeri musicali fossero eseguiti in quel momento, in modo tale che a una certa musica registicamente il gesto o l’azione fossero coerenti. Mi piace, è una persona molto espressiva e a me piacciono le persone che mi comunicano qualcosa.

5. Macbeth, Nabucco, Amonasro, Simon Boccanegra: molti personaggi verdiani nel tuo repertorio. Qual è il tuo rapporto con Verdi?

Per me Verdi è tutto. Io sono nato a 15 km da lui, a San Secondo Parmense. Sarà l’aria…o il cibo!! Qualcosa che ci lega c’è. Ogni volta che apro un suo spartito (ad esempio a fine gennaio debutto Simon Boccanegra) c’è qualcosa di magico, ma c’è soprattutto qualcosa già di immediato dentro di me, lo leggo subito, riesco subito a capire le sue intenzioni, dove pretende certe cose dalla voce e dall’interprete ecc. E’ quindi un rapporto bellissimo, che spero duri parecchi anni ed è bello perché io credo molto “immodestamente” in questi anni di aver un po’ rivoluzionato l’idea della voce verdiana. C’era e c’è ancora un po’ la tendenza a classificare la voce verdiana come quella che canta forte, che ha un peso vocale forte perché Verdi va cantato così. Invece no. Se guardiamo bene nelle partiture verdiane ci sono molti più piani e pianissimi, sottovoce che non i forti. Quindi la vera voce verdiana è quella che riesce a cantare le mezzevoci, che fraseggia, che esegue i piani e gli accenti che lui voleva. Nelle sue lettere lui si riferisce alla parola scenica ribadendo all’infinito. Quindi per me Verdi è il mio datore di lavoro numero uno, senza di lui sarei perso.

6. Hai collaborato in molte produzioni con il Maestro Riccardo Muti: come ti sei trovato, quali insegnamenti ti ha dato?

Tutto, per quello che riguarda la musica. Piccola parentesi: per quanto riguarda il canto mi ha insegnato tutto Carlo Meliciani, mio Maestro. Lui ora ha novant’anni, è stato un grande baritono, allievo di Tagliabue.
Salsi3Muti invece mi ha insegnato tutto sulla musica e soprattutto su Verdi perché mi ha proprio aperto la mente, lui mi ha insegnato un metodo che mi era sconosciuto e che è sconosciuto a molti. Un aneddoto: preparando I Due Foscari alla mia prima volta con lui, il Doge Foscari entra e canta:
Dove dei Dieci non penètra occhio“,
Muti mi chiese: “Lei sa perché Verdi ha spostato l’accento da pènetra a penètra, allungando questo si bemolle di un quarto, invece di un ottavo?”
Io, la mia prima opera con Muti, avevo studiato a menadito la parte, imbarazzato risposi: “No maestro, non lo so.”
“Perché in questa parola penètra, musicalmente mi deve far sentire che il Doge ha timore dei Dieci (Consiglieri), che il figlio sta per essere mandato in esilio, quindi lui è un personaggio debole. Quindi avendo un tempo più lungo può prendere forte la nota, poi la diminuisce, stringe un po’ il vibrato e mi fa sentire un po’ tutte queste cose”. [A questo punto Luca riempie con il suo vocione il camerino ed esegue esattamente quanto detto, evidenziando in modo stupefacente come la medesima frase possa essere cantata in modo completamente diverso].
E questo vuol dire creare il personaggio dietro ogni nota, con uno studio minuzioso che è quello a cui facevo riferimento prima. Vuol dire capire perché Verdi scrive certe cose e dargli il significato giusto. Così, anche se lo canti in forma di concerto, il personaggio arriva comunque. Per me Muti è il massimo, è molto in alto. Per la cultura verdiana che ha lui, non so se ci sarà qualcuno al suo pari.

7. Veniamo al tuo vero strumento musicale: come definisci la tua voce?

Personalmente la mia voce non mi è mai piaciuta. Ho ascoltato una registrazione pubblicata online di questo Macbeth e per me è orribile, non riesco proprio a sentirmi! [Ridiamo entrambi] Non penso che il timbro sia il mio punto di forza, credo che la mia vera forza sia quella di essere una voce interpretativa.

8. Ciascuno di noi guarda spesso a qualcuno come modello di riferimento. Hai qualche cantante-mito di riferimento, anche solo puramente per il piacere di ascoltare la sua voce?

Assolutamente sì. Baritono di riferimento a Carlo Tagliabue. Il mio secondo figlio si chiama Carlo, mentre il mio primo figlio si chiama Ettore, perché penso che Ettore Bastianini sia un altro grandissimo, forse il colore della sua voce fu uno dei più belli mai esistiti. Di tenori mi piacciono moltissimo Pertile, insomma voci appartenenti alla vecchia scuola italiana. Adesso io apprezzo molto e sono amico di Ludovic Tèzier, sono molto amico di Francesco Meli, che stimo moltissimo.

Salsi49. Veniamo al tuo mestiere: cos’è per te un artista?

L’artista è quello che riesce a far emozionare la gente. Se anche su mille persone che vengono a teatro una sola viene da me e mi dice: “Sai, mi sono emozionato con quella frase, con quel gesto”, per me questo è il massimo e vuol dire essere davvero riuscito a comunicare il personaggio.

10. Argomento caldissimo: i giovani e il teatro. Un messaggio a quei ragazzi che si sono avvicinati da poco o si stanno avvicinando al mondo dell’opera. Perché venire a teatro?

Venite a teatro per emozionarvi, ridere, a piangere, a pensare, perché il teatro è vita. Per quelli che vengono magari per curiosità e per la prima volta l’unica cosa che posso dire è conoscere ed informarsi bene un poco prima, almeno conoscere un po’ la storia di quello che si sta andando a vedere, in modo da poterne essere coinvolto. Se vieni a vedere Macbeth, ma non hai proprio idea di cosa vai a vedere, magari dici bella ma però…Invece se conosci già un po’ la storia, ti fai coinvolgere, ti fai emozionare a vedere l’interprete che sta lì. E’ sempre bello scoprire, come quando vai al cinema che magari ci si va per dire “vediamo se mi piace, se è bello o brutto”, vai all’opera e magari dici “è bella o brutta” però se ti piace continui!

11. Opera preferita e personaggio preferito?

Macbeth e Macbeth. Assolutamente, senza ombra di dubbio.

12. Quali i tuoi prossimi impegni?

Nabucco e Chénier alla Staatsoper di Vienna per dicembre 2018 – gennaio 2019. Poi i primi di febbraio 2019 debutto Simon Boccanegra al Teatro Petruzzelli di Bari, poi Ballo in Maschera al San Carlo di Napoli sempre febbraio, maggio/giugno interpreto Scarpia in Tosca all’Opera di Parigi. E poi aprile sono a fare Otello con i Berliner Philarmoniker a Baden-Baden, direttore Gatti ed infine Simon Boccanegra ad agosto al Festival di Salisburgo.

Luca Salsi ci ha rilasciato questa intervista un’ora prima dell’inizio di Macbeth. Gli auguriamo il meglio per i prossimi impegni e lo ringraziamo moltissimo per l’estrema gentilezza e disponibilità, GRAZIE LUCA!

Alessandro Bugno