Cari lettori, oggi intervistiamo il ballerino genovese Jacopo Bellussi, stella dell’Hamburg Ballet. Nato nel 1993, ha studiato prima all’Accademia del Teatro alla Scala poi alla Royal Ballet School. È quindi entrato nella Compagnia di John Neumeier ad Amburgo, dove oggi è principal dancer.
Benvenuto Jacopo, grazie per essere qui. Come ti sei approcciato allo studio della danza?
Diciamo che è successo tutto un po’ per caso, la zia materna era abbonata alla stagione d’opera e balletto del Teatro Carlo Felice di Genova e quando avevo solamente cinque anni decise di portare me e mia cugina a vedere “L’uccello di fuoco” di Maurice Béjart che era in cartellone quell’anno (quando ancora il Carlo Felice aveva balletti in cartellone)… Che dire, sono rimasto da subito senza fiato ed è stato davvero amore a prima vista: l’orchestra che si accorda prima di iniziare lo spettacolo, il rumore della scarpe da punta sul palcoscenico, le luci e i costumi che assieme alla coreografia danno vita ad un universo parallelo così incredibile ed effimero al tempo stesso, mi hanno da subito catturato e fatto sentire come se facessi parte di quel mondo da sempre. Dopo un’esperienza del genere non avrei potuto fare altro se non cominciare a studiare danza e così è stato… Grazie ad un’amica di famiglia che studiava danza in una scuola privata di Genova, vicino casa, decisi di fare una lezione di prova e da lì non ho più smesso.
Dopo due anni presso l’Accademia scaligera sei andato a studiare a Londra. Quanto è stato difficile lasciare l’Italia?
Il passaggio Milano-Londra non è sicuramente stato tra i più semplici, non solo per me ma anche per la mia famiglia. Nonostante vivessi già presso una “famiglia adottiva” milanese, durante i miei due anni alla Scala, avevo comunque la possibilità di tornare a casa i fine settimana, e assieme ai miei compagni e compagne di corso avevamo formato un bellissimo gruppo, essendo entrati tutti lo stesso anno in Accademia. Ritrovarmi catapultato in un altro paese dove non parlavo quasi del tutto la lingua, lontano dalla mia famiglia e dovermi abituare non solo alla tecnica inglese e ad un modo di studiare differente dal punto di vista di danza, ma anche a dover affrontare i normali esami e studi scolastici in un altra lingua è stato davvero molto impegnativo all’inizio. Sapevo però che quella scelta era necessaria e di vitale importanza per la mia professione, per la mia formazione futura come ballerino professionista, e che mi trovavo in una posizione di grandissimo privilegio dove tantissimi ragazzi avrebbero dato tutto per trovarsi al mio posto e vivere quella stessa esperienza. Ho anche avuto la fortuna di avere al mio fianco persone come Kathryn Wade (già solista del Royal Ballet e direttrice dell’outreach program della Royal Ballet School) o Richard e Jennie Cunis (ex governors della scuola) che hanno creduto in me prima ancora che lo facessi io stesso, mi hanno aiutato a passare ogni momento difficile si presentasse sul mio cammino e sono da subito diventati come una seconda famiglia per me, rendendo i miei anni a Londra davvero unici e aiutando anche i miei genitori a sapermi protetto e felice.