Care lettrici e cari lettori del nostro magazine, oggi vi presentiamo una giovanissima promessa del mondo del teatro d’opera. Si tratta di Greta Doveri, vincitrice della 72esima edizione del concorso AsLiCo presso il Teatro Sociale di Como: conosciamola meglio.
Come nostro solito, la prima domanda riguarda l’inizio della tua passione per l’opera. Come ti sei avvicinata a questo genere musicale?
Il mio amore per l’opera ha una storia davvero insolita: io nasco come cantante di musica afro-americana, con un percorso professionale già avviato in questo genere, e l’opera lirica è sempre stata molto distante dai miei gusti. Nel 2015 ho iniziato i miei studi presso il Liceo Musicale A. Passaglia di Lucca, qui ho dovuto intraprendere obbligatoriamente gli studi di “canto classico” e fin dalla prima lezione la mia insegnante ha notato quella che a suo dire era una voce “naturalmente impostata”. Pensava che studiassi canto lirico già da diversi anni. In principio non è stato facile, io ero molto affezionata al mio percorso di musica leggera, poiché mi aveva accompagnato nell’infanzia e in buona parte dell’adolescenza, ma ben presto ho iniziato ad apprezzare e successivamente ad amare l’opera lirica in tutte le sue sfumature: la sua storia, il perfezionismo e la dedizione che richiede, la sua enorme potenza espressiva mi hanno conquistata ed oggi sento che questa è la mia vocazione.
Hai preso parte alla produzione de “Il matrimonio segreto” di Domenico Cimarosa con l’Accademia del Teatro alla Scala. Ci puoi parlare di questa esperienza?
Quella de “Il Matrimonio Segreto” è senza dubbio l’esperienza artistica più importante fatta fino ad ora. Dal punto di vista musicale, fondamentale è stata la preparazione che ci hanno fornito i docenti dell’Accademia, in particolare il Maestro James Vaughan (primo Maestro di sala della Scala). Con lui e con il Maestro Ottavio Dantone, successivamente, abbiamo fatto un grande lavoro sullo stile settecentesco, che richiede pulizia e un grande rigore esecutivo.
Un altro aspetto in cui mi sono misurata è quello scenico: Irina Brook, la nostra regista, ha scelto di mostrare l’opera in chiave attuale portando alla luce lo scavo psicologico dei vari personaggi (che non emerge a primo impatto dal libretto di Bertati). Questo ha fatto sì che i personaggi, da noi interpretati, siano diventati dei veri e propri essere umani, con tormenti e passioni proprie. Ritengo che questo insieme di fattori sia stato determinante nella riuscita della produzione, infatti è stata un vero successo.