Siamo felici ed entusiasti di intervistare oggi, per gli amici lettori di OperaLife, il basso Gianluca Buratto. Si è diplomato al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano sotto la guida di Margaret Hayward e ha seguito masterclass con Sara Mingardo, Ernesto Palacio, Jaime Aragall e Dalton Baldwin, vincendo il primo premio juniores nel Concorso di canto “Ferruccio Tagliavini” nel 2006. Il suo repertorio spazia dal Barocco al Romanticismo, e oltre che nella carriera lirica si è cimentato nella musica sacra, nella musica da camera e nella musica contemporanea. Si è esibito sui palcoscenici più celebri italiani e non, ed è stato diretto dai direttori più popolari del panorama lirico.
Partiamo dall’inizio. Ci puoi spiegare come è nata la tua passione per il canto?
Non saprei esattamente quale sia stata la causa scatenante ma ricordo che in montagna, in casa dei miei nonni, ascoltavo incessantemente tramite un lettore di cassette (quelle con il nastro) musica che andava dal canto degli Alpini alle barzellette di Gino Bramieri, alla musica da ballo e ci fu una cosa che mi rimase impressa… il “Rigoletto” di Giuseppe Verdi dove sentivo questa voce scura nera del sicario Sparafucile, e tentando di imitarlo capii che qualcosa forse potevo fare.
Mi ricordo che cantavo nel box perché i miei nonni non ne potevano più, mi dicevano: “Gian basta vai nel box a urlare” ed io allora pur di provare ad imitare quei suoni mi rifugiavo ovunque e il box era il posto più frequentato.
Anche il bagno di casa dei miei genitori devo dire che mi garbava: è lì infatti che, sotto il consiglio di Giuseppina Camagni direttore del coro Città di Cernusco, ho preparato la mia audizione per il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Giuseppina mi disse: “Perché non provi l’audizione in Conservatorio?” Cantare nel coro mi piaceva tanto, era il coro della mia città Cernusco sul Naviglio che era formato perlopiù da persone di una certa età e con loro abbiamo passato bei momenti. Ho imparato ad ascoltare e a fare musica insieme ad altri, che è la cosa migliore (l’ascolto). La mia voce però già all’età di 16/17 anni era molto grave e nel coro a volte vista la mia irruenza giovanile usciva un po’ troppo.
Giuseppina Camagni capì forse prima di tutti che il canto solistico era la mia strada.
Mi ricordo che all’audizione cantai l’aria “La Calunnia è un venticello” di Don Basilio nel “Barbiere di Siviglia” e ricordo come fosse ieri che Margareth Hayward mi fece provare la parte di Sparafucile nel “Rigoletto” per capire se fossi un vero basso o altro. Sparafucile è quindi un ruolo che mi ha sempre portato fortuna e sempre appassionato. Quel Sparafucile segnato da un Fa grave segnò quindi il mio ingresso nel Conservatorio di Milano, sotto la preziosa guida di Margareth Hayward e al piano ci sosteneva il prezioso Luigi Marzola.
I miei genitori per mia fortuna non mi hanno mai ostacolato anzi, incoscientemente forse, mi lasciavano fare. Di questo li ringrazio.
Ci puoi raccontare il primo debutto? Cos’hai provato?
La prima cosa che feci davanti ad un pubblico fu nel 2003, cantavo un piccolo intervento nel “Beatus Vir – Gloria” di Antonio Vivaldi sotto la direzione di Françoise Ogéas, amica stimata della mia maestra di canto, la quale mi diede occasione di muovere i prima passi. Ho memoria che il mio piede, insieme alla gamba, iniziò a tremare come una foglia al vento e che il mio cervello non aveva nessun controllo su di esso… la sensazione era veramente forte.
Mentre cantavo mi ripetevo… piede, gamba, vi prego tornate da me!! [ride]
Questa fu proprio la prima cosa che cantai. Per quanto riguarda l’opera fu “Maria Stuarda” di Donizetti a Trieste nel 2009, cantavo il ruolo di Giorgio Talbot e mi ricordo che il direttore artistico di allora mi chiamò in un palchetto del teatro e mi disse: “ascolti Buratto, la voce è bella, la parte la sa… ma stia fermo con le mani!! Le muove troppo!” Ahahh
Mi agitavo tutto, era proprio la prima cosa su di un palcoscenico vero e il mio corpo faceva quello che voleva… poi è passato! Ma l’emozione è sempre tanta!
Quello che si fa sul palcoscenico non è proprio una cosa che quando ti alzi la mattina fai in modo naturale e senza pensarci, quindi ci vuole tempo per imparare a gestire tutte queste emozioni. Emozioni, paure, ansie, sono sempre con me sul palco anche oggi… è che ora ho più strumenti per gestirle.