Siamo in compagnia di Francesco Meli, uno dei tenori più apprezzato al mondo, un pilastro dei nostri giorni e che ha ancora grandi successi in serbo per il futuro. Raccontaci un po’ la tua carriera:
1. Quando nasce il tuo amore per l’Opera?
L’amore per l’Opera nasce a casa da bambino. In casa si sentiva spesso musica classica, sia sinfonica che operistica, mio papà era ed è tuttora un grande appassionato di musica, e da lì ecco nato l’amore che poi è cresciuto sempre più.
2. Come e quando hai iniziato a cantare? Cosa ti affascinava di questo mondo?
Beh io ricordo di aver sempre cantato! Da bambino, otto nove anni al massimo, ascoltavo una raccolta di arie d’opera, fatta da mio padre su una musicassetta, cantate da Luciano Pavarotti e gli andavo dietro cercando di imitarlo e, a volte, di fare a gara con lui a chi teneva gli acuti più lunghi ma vinceva quasi sempre lui!!!!!
In realtà non conoscevo nulla di questo mondo, mi affascinava solo la musica e il canto che poi divennero parte fondamentale della mia vita.
3. Raccontaci del tuo debutto: sensazioni, emozioni, paure, … Che cosa hai provato?
E’ difficile parlare del mio debutto perché ce ne sono stati in realtà due. Il primo giovanissimo, era nei giorni del mio diciottesimo compleanno, cantavo Gastone nella Traviata di Giuseppe Verdi in un piccolissimo teatro della provincia di Tortona, Rivanazzano. Non c’era orchestra ma solo un pianoforte. Se devo essere sincero non ricordo molto di quel giorno, ero preoccupato di andare a tempo e di non perdere un ingresso musicale nel primo atto dopo il duettino di Violetta ed Alfredo. Era la prima volta sul palco con qualcosa che assomigliava a un costume e con altri cantanti intorno a me, sicuramente è stato un momento emozionante.
Il secondo debutto, quello ufficiale in un grande teatro con l’orchestra il direttore la regi e tutto il resto, è stato a Spoleto nel 2002 al Festival dei due Mondi. Cantavo Malcolm nel Macbeth sempre di Verdi, dirigeva un, allora, debuttantissimo Riccardo Frizza e la regia era di Thomas Moschopoulos.
Questa volta sì che era la prima volta che cantavo veramente da professionista in un grande spettacolo, poi vincitore del premio Abbiati, e l’emozione era grande ma avevo lavorato molto durante le prove e, ovviamente, la mia sicurezza sulla scena maggiore della volta prima.
Non ho provato paura ma solo tanto entusiasmo e felicità nel poter cantare.
4. Tu sei molto legato alla tua famiglia e alla tua compagna, il soprano Serena Gamberoni. Com’è avere un legame così forte con la famiglia e, sopratutto, come affronti la distanza?
Per me la mia famiglia è fondamentale sia nella vita personale che in quella professionale.
Serena, ovviamente, capisce perfettamente i problemi che ci sono nella nostra professione e mi appoggia come nessuno potrebbe fare e la cosa è reciproca.
La distanza è un problema grande ma esistono tanti modi per rimanere sempre insieme grazie alla tecnologia e poi si fanno i salti mortali per stare anche solo un giorno tutti insime.
5. Ti sei sempre dedicato al canto, quasi come se fosse l’unica priorità. Anche se è rischioso, consiglieresti di seguire lo stesso atteggiamento? Cosa pensi all’avere un piano B?
In effetti mi sono sempre dedicato anima e corpo alla musica più che solo al canto. Cosa potrebbe fare di diverso un musicista?
Se consiglio di comportarsi così? Non saprei cosa altro consigliare. Per un musicista, e il cantante lirico è un musicista ricordiamocelo bene perché a volte se lo dimenticano anche i cantanti, la musica è una priorità, deve esserlo altrimenti non vale la pena fare musica.
Per quanto riguarda il piano B io non ci ho mai pensato e penso che sarebbe assurdo pensarci. Io ero convinto di quello che facevo quando ho cominciato e ho lottato sempre per ottenere quello che volevo, se avessi avuto un piano B nel cassetto non avrei ottenuto nulla di quello che volevo.
6. Vieni spesso definito come uno dei più grandi cantanti odierni, questo come ti fa sentire?
Io non mi considero uno dei più grandi cantanti odierni. Quando altre persone lo dicono, paragonandomi magari a qualche grande tenore del passato, ovviamente mi sento lusingato e sento il peso di una responsabilità grande che è quella di portare avanti la tradizione del bel canto Italiano.
7. C’è qualcosavhe fai di strano o di particolare prima di iniziare uno spettacolo?
Ma non c’è nulla di strano che faccio prima di uno spettacolo, ovviamente tutti abbiamo una sorta di rituale prima di uno spettacolo ma consiste più nella gestione del tempo prima della recita, scaldarsi avere tempo per rilassare i muscoli dopo i vocalizzi etc. Nulla di mistico.
8. Qual è l’artista del passato che stimi di più?
Sicuramente è Aureliano Pertile, grande tenore e innovatore. Tecnica perfetta e grande rispetto della musica come l’hanno scritta i compositori, fraseggiatore moderno e sempre elegante mia soprane righe. Per me un riferimento.
9. Definisci cosa vuol dire per te “canto lirico”.
Questa è una domanda molto difficile perché il canto lirico è una cosa che non possiamo ne toccare ne vedere. Il canto lirico, come del resto tutti le altre forme di musica e arte, è prima di tutto l’unione di psiche e anima, un matrimonio fra tecnica e sentimento. Non esiste interprete senza tecnica e non esiste tecnico, vero, senza anima.
Il canto lirico, si potrebbe dire, è la quinta essenza della musica dove parola, suono, gesto, corpo e anima si unisco per formare una sola cosa.
10. C’è un personaggio che non fa parte del tuo repertorio ma al quale sei affezionato?
Sicuramente Otello! Ruolo perfetto, affascinate, completo e pieno di emozione. Non fa parte del mio repertorio ma chissà…….
11. Come definiresti la tu voce e cosa vuol dire per te essere un artista?
Io sono un tenore lirico pieno, preferisco sempre non descrivere la mia voce preferisco che siano gli altri a farlo.
Essere un artista vuol dire molte cose, prima di essere un artista però bisogna essere un musicista serio e preparato, che serve la musica che esegue poi entra la parte artistica, cioè quella dell’interprete che lascia all’anima il compito di guidare la tecnica e la preparazione.
12. Che consiglio ti senti di dare ai giovani che vogliono intraprendere questa carriere?
Il consiglio più grande è quello di essere umili, ascoltare i consigli di chi conosce più di noi non avere l’arroganza di credere di sapere già tutto, non si sa mai tutto. Questo non vuol dire perdere la propria indipendenza di pensiero, bisogna sempre seguire una strada dettata dal proprio cervello. Io ho sempre fatto così.
13. I tuoi prossimi appuntamenti?
Ora sono a Madrid per “Carmen”, poi andrò a Monaco di Baviera per la “Messa da Requiem’ di Verdi diretta da Riccardo Muti, poi al Teatro la Fenice a Venezia per “Un ballo in maschera” diretto da Myung-whun Chung con Serena con me nei panni di Oscar.
Ringraziamo vivamente l’artista Francesco Meli per la sua disponibilità. È stato un onore poter intervistare un personaggio del tuo calibro e grazie per il tempo che ci hai dedicato.
Grazie ancora e toi toi toi per i tuoi prossimi impegni!
OperaLife