Dal pianoforte al teatro; dall’architettura alla scenografia: gli innumerevoli studi, le numerose esperienze e collaborazioni (ci tiene lui stesso a riportare i suoi due maestri: Paola Fornasari Patti, con cui si è diplomato e che l’ha avviato a quella che ora è la sua carriera, e il M. Hugo de Ana del quale è assistente da dieci anni) lo rendono indiscutibilmente preparato per questa prova. A pochi giorni dal debutto della sua produzione per Turandot, in Italia, abbiamo avuto il piacere di conversare con l’amico, regista, scenografo, architetto, emozionato Filippo Tonon.

Dov’è nata la tua passione per l’Opera? Cosa t’ha portato a diventare regista?

Fin da piccolo amo l’Opera. Ho iniziato a studiare pianoforte e prosa, infatti nasco come attore, ho studiato anche canto. Unendo queste passioni sono diventato regista. Essendo anche architetto e scenografo ho sommato queste mie doti ed eccomi diventato regista e scenografo.

Qual è il tuo compito da regista?

È portare un messaggio. Ogni regista vuole trasmettere un messaggio. Il mio compito è far in modo che tutte le persone sul palco recepiscano e vivano questo messaggio per prime, cioè dare degli input che gli permettano di dire “ah, non può che essere così”. Se le persone sul palco sono le prime a vivere questo messaggio, allora, lo trasmetteranno al pubblico e si avrà uno spettacolo di qualità.

Cos’è la bellezza (in generale)? Perché un’opera è bella? 

È quell’energia che ti smuove qualcosa dentro. Non esistono opere brutte o opere belle. Possiamo dire che sentiamo più vicino a noi o meno un’opera. Nel caso di Turandot sento molto il linguaggio di Puccini perché è molto simile al mio modo di interpretare i sentimenti. Non li descrive e basta, li mette in musica e riesce a rappresentare le emozioni di ogni personaggio come di un’atmosfera.

Cosa diresti ad una persona che non ha mai visto un’opera?

Direi a questa persona che deve andare a teatro per vedere una forma d’arte che dal ‘500 persiste tutt’ora, che viene portata avanti anche dai giovani, che si è trasformata negli anni. Certo ci sono delle opere che vengono proposte così da 40 anni, ma sono meravigliose così e guai a toccarle. Ci sono, però, delle produzioni che si avvicinano ai giovani usando un linguaggio più moderno. Quindi direi a questa persona che deve andare a teatro per assaporare un nuovo modo di vedere lo spettacolo. È diverso andare a teatro da vedere un film: il film viene presentato al pubblico chissà con quante modifiche. Invece l’energia, l’emozione che trasmette una persona che canta sul palcoscenico è immensa e unica, il pubblico la sente.

Che consigli dai ad un giovane artista? Artista in qualsiasi disciplina

Credere in quello che si fa. E farlo bene. Credere e portare in scena, su carta, su tela, quello che si ha dentro; rispettando se stessi, quello che si sta per dire e il pubblico. Però non bisogna focalizzarsi e rimanere vincolati alle cose che piacciono o che vengono bene: oggi può andar bene, domani può andare meno bene, o anche meglio. Il successo è importante, ma non bisogna esserne schiavi: è un miraggio. Fa piacere avere successo, ma è necessario mantenere l’umiltà soprattutto verso il proprio lavoro (l’importante è farlo bene) e verso gli altri; bisogna sapersi proporre e saper usare un atteggiamento diverso nelle diverse occasioni: essere se stessi ma sempre rispettando gli altri.

 

Massimiliano Mazza