Cari amici di OperaLife, siamo felici di intervistare oggi il giovanissimo soprano Benedetta Torre. Nata a Genova, classe 1994, Benedetta inizia a studiare pianoforte e canto nella sua città, e attualmente studia e si perfeziona con il soprano Barbara Frittoli. Oltre ad aggiudicarsi prestigiosi premi a diversi concorsi (Concorso Internazionale di canto Francesco Paolo Tosti, Concorso Internazionale Renata Tebaldi), ha partecipato alla Riccardo Muti Opera Academy come Mrs Alice nel Falstaff e da lì è iniziata una serie di debutti in importanti teatri italiani (Carlo Felice di Genova, Petruzzelli di Bari, Opera di Roma, Maggio Musicale Fiorentino), accompagnata anche da una corposa stagione concertistica.

  • Benvenuta! Siamo sempre entusiasti di incontrare artisti giovani, bravissimi e preparati, come te. Com’è iniziata la tua passione alla musica e al canto?

Intanto grazie per questi complimenti e per il benvenuto. Sono sempre stata una grande ascoltatrice di musica fin da piccola, questo grazie anche a mia mamma che ha la stessa passione; in famiglia ce ne ha sempre fatta ascoltare molta, di qualsiasi genere, ma sempre di qualità, e non mancava occasione che facesse partire anche dei dischi di musica classica e talvolta d’opera, magari durante i nostri viaggi in auto o a casa come accompagnamento alle faccende quotidiane. Intorno ai 10 anni, età in cui ho iniziato a studiare musica a scuola, ho avuto un professore molto lungimirante che ci ha messo subito in mano strumenti veri, e non il solito straziante flautino; io scelsi la tastiera… che poi negli anni divenne il pianoforte! Alla voce sono arrivata poco più tardi, avevo già iniziato a cimentarmi con qualche brano di musica pop, mentre mi accompagnavo alla tastiera o al piano, ma non avrei mai immaginato di ritrovarmi a cantare lirica; fu grazie all’incontro con la maestra che venne chiamata a preparare il coro della chiesa dove cantavo che ho cominciato a studiare in quella direzione; credeva molto nelle mie doti naturali, e così mi convinse a intraprendere un percorso serio, inizialmente sotto la sua guida. La passione viscerale è arrivata in breve tempo, conoscendo e approfondendo il repertorio.

  • Essere cantante d’opera vuol dire anche essere attore: com’è stato finora il tuo approccio con la parte scenica dell’esecuzione operistica?

Certo, l’opera è il perfetto connubio tra musica e azione sul palcoscenico, sussistono e non possono prescindere mai l’una dall’altra. Senza l’interpretazione, l’addentrarsi nel personaggio, non ha senso cantare, significherebbe emettere dei suoni, magari anche belli, ma senza significato. Per quanto mi riguarda il movimento attoriale mi ha sempre aiutato anche nell’emissione vocale, visto che spesso ci blocchiamo per colpa delle nostre insicurezze, magari quando arriva un passaggio difficile. Se le due parti dialogano insieme avviene una magia particolare, per cui tutto è più facile e immediato, più naturale e vero. Oltretutto, interpretare i personaggi operistici penso sia la parte più interessante e avvincente del nostro lavoro: ogni volta siamo qualcuno di diverso, con il suo particolare carattere e la sua storia a cui è bellissimo poter dare vita. In questo è stato un grande maestro il compianto Graham Vick, con cui ho avuto il privilegio di lavorare e che mi ha convinto sempre di più su quanto sia vero che l’autenticità dell’azione ci permetta di interpretare con una spontaneità che facilita il canto, esaltandolo.

 

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