Tutto ciò che si vede sul palco è stato ideato, studiato, provato, cambiato, riprovato un’infinità di volte prima di essere realizzato. Scenografie, movimenti e, talvolta, anche i costumi vengono decisi e realizzati dal regista. Ma che ruolo è quello del regista? Ha “solo” una, linfatica, funzione coordinativa?

A dicembre ho avuto il piacere di intervistare l’amico regista Filippo Tonon, in occasione dell’esordio della sua regia di Turandot. (http://operalife.it/index.php/news/interviste/181-intervista-a-filippo-tonon) Alla domanda “Qual è il tuo compito da regista?” ha risposto:

È portare un messaggio. Ogni regista vuole trasmettere un messaggio. Il mio compito è far in modo che tutte le persone sul palco recepiscano e vivano questo messaggio per prime, cioè dare degli input che gli permettano di dire “ah, non può che essere così”. Se le persone sul palco sono le prime a vivere questo messaggio, allora, lo trasmetteranno al pubblico e si avrà uno spettacolo di qualità.

Capita spesso che questo “messaggio” che si vuole trasmettere vada ad alterare o si scontri con l’idea originale del compositore. Può accadere con un allestimento e con una regia futuristica (es. Aida – La Fura dels Baus), con una più cinematografica (come il Nabucco firmato da Arnaud Bernard) – talvolta si possono trovare anche dei nudi -, o con una visione più aperta con l’opera alleggerita e ironizzata grazie ai cartoons dell’amico Joshua Held. Non siate ostili ad uno spettacolo solo perché non è proposto in uno stile tradizionale, piuttosto che minimalista; approfittatene e fatevi coinvolgere, lasciatevi ispirare da ciò che viene rappresentato. Vivetelo.

regia2Inutile dire che non possiamo sentire, non possono piacerci, tutti gli spettacoli che abbiamo visto o che vedremo. Ad ogni modo, non esistono opere\regie “brutte”, esiste ciò che sentiamo di più e ciò che sentiamo di meno. Ciò in cui ci ritroviamo di più e ciò in cui ci ritroviamo di meno. L’Opera, essendo una disciplina artistica, è una forma di espressione, il simbolo di sentimenti ed emozioni.

Sono necessari numerosi anni di studio e di gavetta per diventare regista; mesi per progetti e costruzione delle scenografie e costumi. Si aggiungano selezioni ed organizzazione delle prove. Dopo questi passaggi obbligatori si inizia a provare. Senza includere che si potrebbe avere un’altra rappresentazione, in concomitanza, in un teatro differente (anche se già proposto più volte), o i ritardi e le avversità in generale.

Quindi che si tenga conto quando si valuta uno spettacolo, come la buona pratica insegna, di tutto il duro lavoro, dei sacrifici, del tempo impiegato per prepararlo. Ma soprattutto si tenga conto del messaggio che si vuole trasmettere e delle emozioni legate alla scelta registica, perché in fondo è questo ciò che realmente conta.

Massimiliano Mazza