Uno dei Teatri italiani più famosi è La Scala di Milano. In questo luogo abbiamo assistito all’imposizione di Verdi affinché potesse controllare tutto l’allestimento per una nuova versione della sua La Forza del Destino, Toscanini che abbandona la Direzione per non sottostare al predominio fascista e la rivalità, probabilmente inventata dalla stampa dell’epoca, tra Renata Tebaldi e Maria Callas. Soprattutto, è incredibile pensare che questo Teatro sia nato per caso. Dobbiamo infatti tornare all’anno 1776 quando, il 15 luglio, Maria Teresa d’Austria firma un decreto per la costruzione di due Teatri, affidati all’Architetto Giuseppe Piermarini. Tutto questo grazie alla nobiltà milanese la quale, orfana del Salone Margherita, incendiato più volte e comunque molto piccolo, e del Regio Ducal Teatro, anch’esso andato alle fiamme, si rende disponibile ad investire nella costruzione di un nuovo Teatro: ovviamente ogni famiglia nobile avrebbe avuto il suo palco.

Giuseppe Piermarini si occupa di entrambe le costruzioni. Il piccolo Teatro, chiamato Teatro Interinale, viene costruito vicino alla Chiesa di San Giovanni in Conca. Il grande Teatro viene costruito al posto di una Chiesa, Santa Maria alla Scala.

L’interno di questo secondo Teatro, chiamato Nuovo Regio Ducal Teatro, è formato da cinque file di palchi: le prime tre file hanno solo trentasei palchi, affinché potesse esserci il palco centrale, le restanti due file ne hanno trentanove. La particolarità dei palchi è definita dalla loro unicità. Ogni famiglia nobile può decorarlo a proprio piacimento: ed ecco che i colori delle tende, della tappezzeria e gli specchi che li adornano sono diversi l’uno dall’altro. Inoltre abbiamo il loggione e otto palchi di proscenio. Circa seicento persone possono riempire la platea, le sedie fisse sono poche, permettendo di essere spostate quando vengono organizzati i balli di Carnevale.
A questo punto il Nuovo Regio Ducal Teatro cambia nome: diventa Teatro alla Scala e viene inaugurato il 03 agosto 1778 con l’opera Europa riconosciuta di Antonio Salieri.

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Ph. credits: Teatro alla Scala