Il 12 febbraio scorso ricorreva il centesimo anniversario dalla nascita del grande regista, sceneggiatore e scenografo Franco Zeffirelli. Fondamentale è il suo apporto all’arte del cinema italiano, a cui dona in modo del tutto originale la propria interpretazione. Nonostante sia stato più volte criticato a causa della sua presa di posizione in campo politico, affermata in modo piuttosto fermo e deciso, è innegabile che il suo teatro, completamente diverso da quello del suo mentore Visconti, abbia segnato la storia, e ancora oggi la sua idea di teatro e il suo genio innovatore vengono ammirati in tutto il mondo.
Potremmo definire il suo gusto teatrale come “barocco”, vista la maestosità delle scene e lo stupore che lascia lo spettatore a bocca aperta; dall’altro lato, a compensare questa sua verve – che si può considerare il filo che unisce ogni sua regia lirica – troviamo la sua personalità più passionale, che si realizza al massimo in capolavori come “Romeo e Giulietta”. Ciò che a mio parere contraddistingue di più l’arte di Zeffirelli è proprio questo contrasto, questo continuo sbalzo tra intimità e dialogo più stretto con lo spettatore, e solennità, grandiosità del suo teatro. È lui il regista dei sogni, è lui il regista del dettaglio ed è lui il regista della tradizione, da cui ci aspettiamo una rappresentazione a tratti fiabesca e sempre coerente, accompagnata da una estrema cura dei dettagli, mai eccessiva e mai banale.
Proprio in occasione del centenario dalla nascita del Maestro Zeffirelli, la sua amata Verona lo ha voluto omaggiare mettendo in scena al teatro Filarmonico la sua “Aidina”, come la definisce lui, realizzata nel 2001 per il teatro di Busseto per onorare il Maestro Verdi nel centenario dalla morte. L’Arena di Verona non è solamente il simbolo della città, ma è anche il simbolo di “Aida”, rappresentata fin dal 1913 e sempre con successo – con qualche critica per regie che potremmo definire “particolari” -.