Al giorno d’oggi una delle più grandi difficoltà che affronta il teatro dell’opera è quella di “rigenerare” il pubblico che aiuta a mantenere viva una delle più belle tradizioni italiane. È sempre più difficile, infatti, convincere i giovani e ancor di più i giovanissimi ad avvicinarsi ad un genere apparentemente chiuso e destinato ad una ristretta cerchia di persone. Nel corso degli ultimi anni ci sono stati innumerevoli tentativi da parte dei teatri di riuscire a dimostrare che l’opera lirica è un genere destinato a tutti ed in grado di poter adattarsi ad ogni situazione: numerosi sono stati i Flash mob organizzati dai vari teatri italiani, altrettanto numerosi sono stati gli adattamenti moderni dei vari capolavori musicali proposti dalle stagioni teatrali; non dimentichiamo infine le numerose iniziative intraprese da più e più paesini “anonimi” che per portare la cultura alla gente hanno organizzato Galà lirici in cui si dava possibilità anche ai talenti in fiore di mostrarsi al pubblico e farsi portavoce di una tradizione che con il tempo va sempre più scomparendo. Nonostante questo, per molti ragazzi, il genere rimane una “rappresentazione chiassosa di certe storie ormai obsolete, a cui nessuno può credere oggi giorno tra l’altro destinata a quei pochi ricconi d’alto borgo magari ignoranti, che vanno a teatro tutti ingioiellati per dimostrare la loro presenza in società e farsi tra di loro gara a chi ha più conoscenze o chi è vestito meglio.

collage2xMa siamo sicuri che questa sia la sentenza effettiva che i ragazzi danno all’Opera? Da un anno, OperaLife si fa ambasciatrice del bel canto tra i giovani: cerca di ascoltare le loro voci, raccogliere pareri differenti, far conoscere un mondo nuovo e molto più alla mano di quanto si creda. L’opportunità di scendere in strada e conoscere le opinioni di chi è totalmente estraneo al genere ci ha permesso di capire cosa blocca e/o inibisce i giovani che si trovano a confrontarsi con un modo di far musica noto solo per la fama, a volte cattiva, che lo precede. In seguito ad una brevissima ed informalissima intervista, è emerso che il problema principale è la mancanza di informazione di base fornito al pubblico: in un mondo così all’avanguardia come il nostro è impensabile che chi vuol vedere un’opera debba informarsi da sé. Chi va a teatro per la prima volta, o anche chi ci va per abitudine, vuole e deve guardarsi attorno; contemplare l’orchestra che accorda gli strumenti, il teatro in generale, guardare la gente che entra, farsi foto perché, si sa, siamo nell’era dei social; parlottare di chi c’è e chi non c’è nell’attesa che inizi lo spettacolo. Leggere un libretto per capirne la trama o informarsi prima di comprare un biglietto, o ancora, giorni prima dello spettacolo, implica un obbligo quasi scolastico e chi va a teatro vuole passare tempo in maniera più o meno frivola. Anche i telegiornali, giornali, i social che pubblicizzano (e dovrebbero maggiormente e meglio pubblicizzare eventi simili) e i botteghini, quando propongono uno spettacolo dovrebbero specificarne la trama e l’argomento per far capire meglio cosa si propone e magari farlo arrivare anche di più a chi non ha le giuste nozioni di base. Lo stesso vale per i concerti. Si presentano le arie ma non si sa mai di che parlano o perché parlano di quell’argomento piuttosto che di un altro. Il libretto serve per capire alla fine chi sono gli interpreti se proprio piacciono; ci deve essere, ma non deve essere una lettura obbligatoria. I più curiosi, infine, obiettano al momento degli applausi. Si chiamano sul palco solo quelli che fanno parte della punta dell’iceberg di una rappresentazione e quasi sempre si tace sui macchinisti, truccatori, stilisti, organizzatori e tutti gli altri operatori senza i quali è impossibile mettere su uno spettacolo.

Secondo i giovani, conoscere meglio cosa c’è alla base di un lavoro simile aprirebbe numerosissime strade lavorative; amare l’opera in fondo vuol dire amare l’arte e di conseguenza aiutare anche a renderla più bella di quello che si è fatto fino a quel momento; e chi meglio di un macchinista, un addetto alle luci, un addetto al trucco/parrucco può far risaltare il bello che c’è sul palco. Per non parlare degli aiuti (pianista accompagnatore, aiuto regia, aiuto scenografo); senza di loro sicuramente si perderebbe la “retta via” che conduce alla messa in scena. In sintesi, molti giovani hanno voglia di vedere un’opera conoscendo a trecentosessanta gradi quello che avviene sotto i loro occhi; dunque, parecchi giovani esitano ad andare a teatro perché non sentono di avere le informazioni necessarie riguardo quello che vanno ad ascoltare e vedere.

IMG 20170420 WA0019Altro problema sollevato è l’assenza di movimento. Quello che si aspettano a teatro è una produzione colossale, che diverta ed impressioni quasi quanto un film, un musical o un moderno concerto; qualcosa che non stupisca solo il punto di vista scenografico e coinvolga attivamente anche chi è seduto. Spesso i cantanti sono fermi o comunque fanno movimenti minimi. Riempire le scene con corpi di ballo o comunque qualcosa di dinamico che rifletta il carattere pomposo ed epico delle musiche renderebbe lo spettacolo meno monotono alla vista. Si cerca nell’Opera quell’effetto speciale che lasci tutti a bocca aperta. A questo si collega l’argomento più spinoso a cui deve far fronte un regista: riadattare un’opera in modo da stupire il nuovo pubblico senza scatenare le ire del vecchio. Sempre meno sono le produzioni storiche, che fatte bene non dispiacciono ai giovani, ma sempre di più sono quelle eccessivamente moderne che causano l’effetto di una specie di situazione paradossale ed irreale che per nulla rispecchia la vicenda o il contesto musicale, creando un misto di situazioni che allontanano e spaventano il pubblico di ogni genere. La trovata più recente è quella di modificare i finali delle opere nella speranza di renderle più attuali, alla portata di tutti. Tacendo le opinioni personali al riguardo, presentando la questione anche a chi preferisce adattamenti moderni, risulta assolutamente impensabile modificare capolavori e tradizioni che non sono conosciuti per bene da tutti. Se non si conosce la versione originale, se non ci si appassiona prima a quella, sarà impossibile apprezzare quella modificata.

In fine, in maniera unanime, tutti i giovani si chiedono: “Perché per ascoltare la “musica per l’anima” bisogna star chiusi in un teatro, che per carità, ogni tanto ci sta, e non si può star fuori come per i grandi concerti? Si sa che i cantanti lirici hanno vocioni forti che spesso con i microfoni fanno a cazzotti, ma le nuove tecnologie ci permettono di creare qualcosa fatto a posta per loro e in grado di accontentare anche chi la buona musica vuole ascoltarla nei grandi parchi con viste stupende.” Il mondo dell’opera è un mondo di tradizione, fortemente ancorato alle usanze e alle prassi canonizzate da secoli di esecuzione “statica”. Rispettarle è giusto, ma affinché l’opera non sopravviva ma viva, è necessario che nel limite della norma queste vengano rotte. È necessario che l’opera scenda in piazza, fresca e moderna. Senza la sua società dell’ apparire, e che i divi si svestano dei loro gioielli e delle loro auree impressionanti per salire sui palchi come le rock star, pronti con le loro voci a scuotere gli animi dei giovani che non attendono altro che entrare nel fantastico universo dell’opera lirica.

Giuseppina Cammisa