Siamo nel 1825: la Giulietta e Romeo di Zingarelli. Il 20 gennaio dello stesso anno viene firmato il vero e proprio contratto, ma già il 19 era giunto a Venezia Felice Romani, il quale dice Bellini in una lettera a Francesco Florimo, “Mi scriverà di nuovo Giulietta e Romeo, ma lo titolerà diversamente e con diverse situazioni”. Titolo nuovo: I Capuleti e i Montecchi.

Romani ristruttura il libretto e Bellini compone la musica. Malgrado i cambiamenti l’autore si mantiene lontano dalla tragedia di Shakespeare, preferendo avere come modello le novelle di Da Porto e Bandello, con una particolare attenzione riservata al libretto scritto da Foppa e alla tragedia di Luigi Scevola. I cambiamenti più appariscenti sono la riduzione della trama a cinque personaggi e la totale riscrittura del finale che risulta completamente diverso rispetto alla precedente stesura.
La vicenda del secondo libretto ha inizio con un coro dei Capuleti identico al precedente con la sola modifica che, al posto della primitiva dizione di “Cappelletti”, Romani preferisce adottare quella shakespeariana di “Capuleti”. Viene poi soppresso il recitativo di Capellio dove viene annunciato il prossimo matrimonio di Giulietta con Tebaldo. È questi a proclamare la guerra imminente con i Montecchi capeggiati da Romeo che conserva il ruolo di capo dell’opposta fazione e di uccisore di un figlio di Capellio. Quasi del tutto nuova appare invece la cavatina di Tebaldo “È serbata a questo acciaro”, seguita dall’aria sempre di Tebaldo “L’amo, ah! L’amo, e mi è più cara”.

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