Gli strumenti musicali raccontano e completano la parola del librettista attraverso il pensiero musicale del compositore.

Siamo nel terzo atto dell’opera di Puccini.

Da un lato immaginiamo che l’amore tra Cavaradossi e Tosca venga raffigurato come la luce in un cielo azzurro sopra Castel Sant’Angelo.

Dall’altro lato ci sono le nuvole nere di un temporale che minaccia l’amore dei protagonisti, vessati da Scarpia, che si fa largo nel divenire della vicenda e dilaga nell’anima di ogni spettatore. Il quale si sente avvolto nel manto scuro di una psiche perversa e malvagia, la notte prima del giudizio di Cavaradossi.

Questo lungo momento notturno racchiude in sé speranze, timori, l’odio verso Scarpia ed infine la voglia irrefrenabile di libertà, quasi una certezza, con il lasciapassare già nelle mani di Tosca.

I pensieri affollano la mente e il cuore di Cavaradossi e Tosca, uniti nell’attesa per l‘alba imminente, tempo che si fa clessidra in una danza inesorabile contro se stesso.

In questo complesso quadro psicologico, Puccini decide di affidare alla musica nell’opera, essa stessa una sorta di Caronte, il compito di traghettare i pensieri inespressi di Cavaradossi, come fosse una tavolozza bianca sulla quale ciascuno spettatore possa scrivere ed immaginare la propria storia.

In questo ambito, c’è posto per due ampie zone di sola musica.

 

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