Dopo la Messa da Requiem di Mozart, l’altra Messa da Requiem più famosa in assoluto è quella di Giuseppe Verdi. In particolare il celebre “Dies Irae”, con quei colpi di grancassa e gli squilli di tromba, è ripreso in moltissimi spot, estratti e segmenti di video nei quali si vuole esprimere un grande senso di smarrimento, di timore di fronte alla potenza di un evento catastrofico o, come in questo caso, del giudizio Universale.
Una Messa che porta con sé una dedica: Messa da Requiem per l’anniversario della morte di Alessandro Manzoni.

Ma perché un musicista di teatro come Verdi, apparentemente in contraddizione con il suo anticlericalismo e la sua insofferenza per le celebrazioni ufficiali, scrisse una composizione sacra così forte ed evocativa?

Dopo il successo di Aida, Verdi si ritirò per un lungo periodo dal teatro d’opera. Il 13 novembre 1868 morì a Parigi Rossini; sebbene il Pesarese avesse smesso di scrivere musica da più di trent’anni, la commozione in Italia fu grande e sorsero immediatamente numerose iniziative per celebrarlo. Quattro giorni dopo Verdi scriveva all’editore milanese Ricordi una lettera, che questi pubblicò di lì a poco sulla «Gazzetta musicale di Milano» di cui era l’editore:

Carissimo Ricordi,
ad onorare la memoria di Rossini vorrei che i più distinti maestri italiani componessero una Messa da Requiem da eseguirsi all’anniversario della sua morte[…].
La messa dovrebbe essere eseguita nel S. Petronio della città di Bologna che fu la vera patria musicale di Rossini.

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