La Arianna di Monteverdi, per come ci è pervenuta dalle testimonianze di Federico Follino e di altri autori suoi contemporanei, è melodramma povero di gestualità e recitato tutta su un’unica scena fissa (rappresentante uno scoglio in riva al mare e come sfondo una serie di monti). In questa cornice prosciugata da ogni orpello, la composizione di Claudio Monteverdi dipinge stati d’animo e psicologie con un colorito lieve e delicato. Lo svolgimento di questo poema lirico è tutto rigorosamente inquadrato nelle regole aristoteliche di tempo, spazio ed azione. Tutto ciò che potrebbe disturbare o minimamente intaccare questi sacri dogmi viene escluso e demandato a dei messaggeri, i quali raccontano gli eventi notevoli accaduti fuori dalla scena: la partenza per mare di Teseo e l’arrivo di Bacco, pieno di compassione, e forse già d’amore, per la tradita Arianna. Monologhi, dialoghi e cori quasi sempre commentano o partecipano a quella scena che è priva di slanci di vitalità e di incidenti ma che in maniera strabiliante disegna e dipinge affetti, passioni e complesse psicologie.
La recita della Arianna avvenne il 28 maggio del 1608 in un teatro appositamente edificato ai margini del Palazzo Ducale di Mantova. La rappresentazione fece scalpore, ma ciò che colpì e trafisse il cuore e l’animo degli spettatori fu il Lamento di Arianna. I resoconti dell’epoca riportano testuali: «Ma essendole poi aggiunta la forza della musica del sig. Claudio Monteverde, Maestro di Cappella del Duce, uomo di quel valore ch’il mondo sa, e che in quell’azione fece prova di superar se stesso; aggiungendosi al concento delle voci l’armonia de gli stromenti collocati dietro la scena, che l’accompagnavano sempre e con la variazione della musica variavano il suono: e venendo rappresentata sì da uomini come da donne nell’arte del cantare eccellentissime, in ogni sua parte riuscì più che mirabile nel lamento che fece Arianna sovra lo scoglio, abbandonata da Teseo, il quale fu rappresentato con tanto affetto e con sì pietosi modi, che non si trovò ascoltante alcuno che non s’intenerisse, né fu per una Dama che non versasse qualche lagrimetta al suo pianto».