L’opera lirica, ovvero la capacità di sopravvivere al tempo

 

Il mondo del teatro operistico è fatto di equilibri sottili, di elementi contrastanti, di cambiamenti impercettibili di arti in trasformazione. Si tratta di un genere fatto di ripetizioni: a distanza di secoli, le opere rappresentate sono ormai fossilizzate nella tradizione, costituendo un repertorio che riesce sempre a incantarci ed emozionarci.

Questa fissità costante da oltre un secolo, che annovera fra le sue perle più preziose alcuni capolavori verdiani, il belcanto italiano e le opere pucciniane, consente comunque un continuo rinnovamento artistico. Questo è sempre stato garantito dalla struttura stessa della musica, che già dall’epoca barocca aveva sempre dato una grande libertà di improvvisazione ai cantanti. Attraverso le arie con da capo, forma prediletta da operisti come Händel, sul palcoscenico veniva incoraggiata una gradita ripetizione della melodia, arricchita però da un elemento nuovo e unico, costituito dall’abilità improvvisativa dell’esecutore. Ancora oggi, le arie barocche mantengono vivo l’interesse del pubblico proprio grazie alla loro natura viva e duttile: lo spettatore ha l’opportunità di ascoltare qualcosa di conosciuto e noto, ma che conserva la freschezza di un genere che ha sempre da offrire innumerevoli novità.

Per quanto riguarda le opere rappresentate solitamente nei teatri il discorso è un po’ più articolato. Studi filologici e musicologici coinvolgono numerosi esperti che garantiscono la possibilità di portare in scena esattamente ciò che il compositore aveva immaginato. In questo modo viene tutelato il genio creativo del compositore, a discapito della possibilità di portare in scena variazioni e modifiche delle creazioni più note.

 

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