Di recente sono transitato per Busseto in una di quelle giornate calde e torride, tipiche della pianura padana. Dopo aver parcheggiato l’auto nella piazza mercato, mi sono diretto alla piazza centrale che prende il nome, appunto, di Giuseppe Verdi. E lui è lì, ricordato da una statua che lo ritrae seduto su una poltrona in uno stato di contemplazione, quasi distesa e compiaciuta, dopo anni di successi. Di fronte al suo monumento, dall’altra parte di piazza Verdi, si trova il palazzo di Antonio Barezzi: la casa in cui venne accolto da ragazzino dal mecenate che sempre aveva scommesso su di lui. Nella stessa via, più avanti, c’è Palazzo Orlandi, in cui venne a vivere per qualche anno, tra lo scandalo dei compaesani, con Giuseppina Strepponi. Alle spalle, all’interno della Rocca dei Pallavicino, i signori di Busseto, c’è quel Teatro Verdi che costruirono in suo onore e che lui non voleva perché lo considerava troppo dispendioso.

Ho effettuato una visita guidata a questo teatro malvoluto da Verdi, e devo dire che è un piccolo gioiello ottocentesco ricavato all’interno di questa Rocca. La capienza arriva a nemmeno 300 posti e il palchetto riservato al Maestro, il numero dieci, è ancora lì, mai occupato dal legittimo proprietario. Verdi non mise mai piedi dentro quel teatro. E qui vennero però grandi musicisti, interpreti e direttori, ricordiamo solo Riccardo Muti nel centenario della morte del Maestro, nel 2001, dove diresse il “Falstaff”. E come non dimenticare la spettacolare “Aida”, densa di simboli egiziani, che Franco Zeffirelli riuscì a rappresentare nel piccolo teatro sempre in occasione del centenario verdiano. Furono rappresentazioni e momenti memorabili.