Giochi di politica e amore nel ‘700 e nel 2022

 

A 120 anni dalla prima di “Adriana Lecouvreur”, del verista Cilea, la Scala decide di omaggiare il compositore dai natali calabresi con una ripresa della grande coproduzione internazionale del 2010. Come la protagonista è una donna realmente esistita, così il regista David McVicar decise, all’epoca, di dare sostanza storica (o quasi) alla sua messinscena. Quello che si presenta agli occhi di noi spettatori del 2022 è un ‘700 verosimile dai toni pastello, gli stessi dei taffetas utilizzati per quei deliziosi costumi che, tra inquartate e grand robe, popolano le scene di Charles Edwards. A proposito di scene e costumi tutto molto bello, tutto molto “storicizzante”, tutto molto adeguato se si escludono un paio di costumi svincolati dall’epoca e la stufetta del Quarto Atto dall’infinita canna fumaria. Le gestualità dei protagonisti, dei comprimari e delle comparse, sono laccati, misurati, mai eccessivi, patinati come gli affreschi Rococò del Tiepolo.

La riduzione dell’opera in prosa di Eugène Scribe e Ernest-Wilfried Legouvé, ad opera di Arturo Colautti, condensa da cinque a quattro Atti una vicenda dalle difficili trame e dalle molteplici vicende di amore, politica, gelosia, rivalità, virilità. Sono presenti le maschere della commedia, è presente il gioco del “teatro nel teatro” (sviscerato da più e più registi in molteplici versioni), è presente ogni dettaglio di quell’Ancien Régime che, probabilmente, lo stesso Cilea aveva in mente. In questo ripercorrere musicalmente un periodo storico decisamente caratteristico, il compositore aveva in mente, e forse anche in udito, una serie di influenze pucciniane: i riferimenti alla “Manon” del maestro lucchese sono esplicite soprattutto nel Primo e Secondo Atto. Altre influenze di matrice giordana (tratte da “Andrea Chenier”) si uniscono a situazioni riviste, colpa questa volta della fantasia di Scribe che nel Terzo Atto ripropone una scena simile, per personaggi, sentimenti e movimenti scenici, al trio del Primo Atto di “Aida” (tra Radames, Amneris e Aida).

 

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